Questo invito lo rivolgeva un cardinale innamorato della Chiesa e protagonista del Concilio, Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, ai presbiteri da lui ordinati il 25 luglio 1960. L’ha ricordato il Vescovo di Foligno qualche giorno fa presentando il vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi, invitato a raccontare la sua esperienza conciliare. Era il vescovo più giovane di quella solenne convocazione. Questo il passaggio dell’omelia di Lercaro: “Amate la Chiesa come Cristo l’ha amata e ha dato per lei il suo sangue. Amate la Chiesa (…) quando viene incontro ai vostri desideri, alle vostre aspirazioni, quando i suoi ordini, le sue disposizioni incontrano il vostro gusto, i vostri pensieri, il vostro indirizzo. Ma amatela, e amatela di più, anche quando le disposizioni sue, gli atteggiamenti suoi, gli ordini suoi, potessero urtare la vostra sensibilità o sembrare incomprensibili (…). Amate la Chiesa quando la vedete trionfare, ma amatela tanto più quando la sentite incompresa, perseguitata, circondata da diffidenza (…). Amatela difendendola, perché la Chiesa è santa anche se non siamo santi noi che la rappresentiamo: la Chiesa è santa, perché è santo Cristo (suo Sposo)”. Quando ascolto o leggo critiche severe alla Chiesa, mi torna alla memoria un detto dell’arcivescovo di Perugia Lambruschini, ligure e uomo di mare: “Chi fa danni al porto sono i portuali”. Mi viene fatto allora di uscire dalla metafora e di parafrasare dicendo che a procurare danni alla Chiesa sono i suoi figli: noi, che con la nostra fragilità umana, con il nostro peccato sfiguriamo il suo volto bello e luminoso.
È curioso che dei nostri peccati diamo spesso la colpa alla Chiesa, procurandole così doppio dolore. Infine è anche facile criticarla, perché ognuno di noi, in base alla propria formazione, alla cultura, alle esperienze fatte nel corso della vita, possiede opinioni diverse, soluzioni alternative e forse anche contrapposte alle sue. Ma la nostra visione dei problemi è sempre limitata, parziale; i nostri livelli di comprensione si diversificano in base alle responsabilità e ai compiti che scaturiscono dal ministero di ciascuno. Ma nella Chiesa è presente un Protagonista che agisce dietro le quinte e che ne fa una realtà totalmente diversa da tutte le altre. Gesù era pienamente cosciente di consegnare la sua Pasqua, la sua vittoria sul peccato e sulla morte, a uomini fragili e peccatori, facilmente manipolabili, ma li ha rassicurati con una promessa: “Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 25-26). Senza questo intervento gli apostoli, da soli, non avrebbero avuto scampo nell’impatto con il mondo pagano e con le persecuzioni che da subito hanno segnato il cammino dei discepoli di Gesù. È questa presenza dello Spirito che ha consentito alla Chiesa di giungere fino a noi e di consegnare ancora integra alla nostra generazione la Parola di Dio, la dottrina e i sacramenti. Come non amare questa Chiesa che ci ha donato la vita divina nel battesimo, che illumina il nostro cammino con la Parola, che ci nutre e ci fortifica con i sacramenti durante il combattimento della vita e che ci accompagna, dopo il travaglio della morte, alla vita nel Regno! Questa Chiesa che ogni domenica, dopo la proclamazione della Parola di Dio, chiamiamo “una, santa, cattolica e apostolica”.