All’esame dei fatti

Le polemiche contro la scuola cattolica - dice il direttore dell'Istituto Leonino di Terni - si basano su pregiudizi ideologici, se non su menzogne

Don Gianni Colasanti ha insegnato Storia e filosofia per 38 anni nella scuola pubblica, e Dottrina sociale della Chiesa all’Istituto teologico di Assisi. Dal 2002 è il dirigente scolastico dell’Istituto Leonino di Terni. Insomma, alla scuola e agli studenti ha dedicato una vita. Con lui vogliamo approfondire alcune delle obiezioni che vengono sollevate da chi si oppone alla scuola cattolica. A cominciare dalla questione del nome. I detrattori la chiamano ‘scuola privata’, mentre chi la sostiene preferisce definirla ‘scuola pubblica non statale’ per rendere chiaro che il servizio reso, pubblico, è lo stesso di quello delle scuole statali. Cambia solo il fatto che a fare scuola non è lo Stato ma un ente cattolico. Il dubbio, ed il timore che viene insinuato, è che nelle scuole cattoliche si insegni altro rispetto alle scuole pubbliche; ma in realtà, spiega don Gianni, ‘i programmi di studio sono gli stessi, e sono previsti anche controlli in tal senso. Il primo controllo – aggiunge – è quello che giornalmente fanno i genitori. Ci sono poi le prove dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi); gli esami alle medie e gli esami di maturità. In tutte queste prove la scuola paritaria non sfigura mai. Anzi!’. A chi ritiene che nella scuola cattolica si faccia proselitismo, cosa risponde? ‘Si può rispondere in molti modi. Modi non polemici, e… più polemici. Se vogliamo essere buoni, diciamo che, se per proselitismo s’intende l’attività di far seguaci a un’idea, allora nelle nostre scuole si insegna il rispetto per ogni essere umano perché creatura e figlio di Dio. I nostri ragazzi sono così avviati al dialogo e alla collaborazione con tuttti, anche se diversi per appartenenza religiosa, politica, etnica’. ‘ E per essere meno buoni? ‘Diciamo pure che chi usa la parola ‘proselitismo’ lo fa in senso dispregiativo, intendendo che nelle scuole cattoliche si insegna secondo una lettura distorta, di parte, confessionale, appunto.’bbene, in questo senso dispregiativo è nascosta tutta l’ideologia ‘laicista’ che ritiene di possedere la lettura’nica, e perciò giusta,’el sapere. E ritiene spazzatura qualsiasi lettura che non si allinei al ‘peniero unico’ che vuole dettare. Ci sarebbe molto da dire anche in relazione a come talvolta questo pensiero unico la faccia da padrone nelle scuole gestite dallo Stato’ Ma andiamo avanti: è credibile che i tanti genitori che affidano i loro figli alle scuole cattoliche siano indifferenti a cosa viene insegnato? In realtà, molto spesso ci scelgono dopo averci confrontato con la scuola statale’. La valutazione è solo dei genitori? ‘Nella mia scuola – e così credo in tutte le altre – ogni anno vengono per gli esami di Stato presidenti e commissari esterni, di ogni credo religioso e appartenenza politica. Mai hanno lamentato di aver’rovato un insegnamento fazioso o non corrispondente al dibattito scientifico del momento. Per un cattolico, essere a conoscenza di tutte le varianti del dibattito storico, scientifico, filosofico, religioso, morale è una condizione assoluta anche per rendere ragione – prima a’é, poi anche agli altri – della propria speranza’. A chi dice che la scuola cattolica è un costo per lo Stato, cosa risponde? ‘Su questo sono state messe ad arte in cirocolazione due grosse bugie. La prima sulla Costitizione, che recita che le scuole private non devono costituire un onere per lo Stato. Ebbene, il significato che i due proponenti, Corbino e Codignola, hanno inteso nell’inserire tale espressione nella Costituzione era (come spiegano loro stessi e come si ricava dagli atti delle sedute della Costituente) che i soggetti privati che aprono una scuola non possono pretendere un contributo da parte dello Stato, ma non che lo Stato non debba dare loro un contributo qualora ne esistano le ragioni. Loro stessi fanno l’esempio delle scuole professionali salesiane, a cui non si sognano di negare i contributi. Lo Stato pertanto non fa nessun illecito costistuzionale se, ritenendo che ci siano ragioni per dare contributi, li dà. Ed oggi lo Stato, con tutte le affermazioni che si fanno sulla sussidiarietà, come potrebbe sottrarsi a questa contribuzione?’ La seconda bugia? ‘Riguarda proprio i contributi che lo Stato dà alle scuole paritarie. Non sono soldi sottratti alla scuola gestita dallo Stato; anzi è il contrario, perché grazie alla scuola privata lo Stato risparmia 6 miliardi di euro l’anno, che può utilizzare a vantaggio delle scuole che gestisce direttamente. Infatti un alunno di scuola per l’infanzia costa 6.116 euro l’anno allo Stato, un alunno di scuola primaria 7.366 euro, un alunno di scuola secondaria di primo grado 7.688, e di secondaria di secondo grado 8.108. Ebbene, per ogni studente che frequenta una scuola paritaria, paga invece per la scuola dell’infanzia 584 euro l’anno; scuola primaria, 866 euro; secondaria di primo grado, 106; secondaria di secondo grado, 51 euro l’anno. Considerando che gli alunni che frequentano le scuole paritarie sono circa due milioni, si arriva a quei 6 miliardi annui’. Però si dice anche che le paritarie sono scuole per ricchi… ‘Non è vero, e basta vedere le condizioni reali di chi le frequenta. D’altronde un contributo più sostanzioso permetterebbe di ridurre ulteriormente le rette, permettendo a più famiglie di scegliere, liberamente, dove iscrivere i propri figli’.

AUTORE: Maria Rita Valli