Come accade da qualche tempo, anche quest’anno l’assemblea autunnale della Cei si è tenuta ad Assisi. Dopo la prolusione del presidente card. Angelo Bagnasco e il dibattito che ne è seguito, sono stati trattati vari argomenti come le modifiche proposte al Messale Romano, la programmazione pastorale sull’educazione per il prossimo decennio, le erogazioni liberali per il sostegno della Chiesa. Poi l’assemblea è stata invitata a guardare in avanti verso i grandi eventi in programma: la Giornata mondiale della gioventù a Madrid dal 16 al 21 agosto 2011, il 25° Congresso eucaristico nazionale ad Ancona dal 3 all’11 settembre 2011, il 7° Incontro mondiale delle famiglie a Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012. Come sempre, grande risalto è stato dato dalla stampa alla prolusione del cardinale Bagnasco, che ha fatto una lettura attenta e puntuale della situazione sociale e politica dell’Italia e della Chiesa. Una parola è stata sottolineata da quasi tutti gli organi d’informazione e precisamente il termine “galleggiare”, usato dal Cardinale per indicare una situazione precaria e carente di prospettive. Il Cardinale ha invitato tutti a fare “uno scatto in avanti concreto e stabile verso soluzioni utili al Paese e il più possibile condivise”. Quello che deve stare a cuore a tutti, politici, partiti, uomini della cultura e dell’informazione è il bene comune da perseguire a prescindere dalle diverse appartenenze. A me piace però pensare che la scelta di tenere l’assemblea dei vescovi italiani ad Assisi abbia anche motivazioni legate alla vicenda umana di Francesco, come se i Vescovi italiani volessero ricorrere alla mediazione del Santo per compiere la missione che Gesù ha loro affidato chiamandoli ad essere successori degli apostoli. Le solenni concelebrazioni si sono svolte in luoghi particolarmente significativi. Una nella basilica di Santa Maria degli Angeli, dove Francesco e i suoi fratelli iniziarono la loro avventura alla sequela di Gesù e del suo Vangelo, l’altra nella basilica del Sacro Convento, dove riposano le sue spoglie mortali. Venendo nei luoghi di Francesco, i Vescovi hanno manifestato chiaramente il desiderio di ritrovare la genuinità del Vangelo che il Poverello di Assisi ha reso visibile con la sua vita. È a lui che dobbiamo guardare per imparare a vivere sempre più autenticamente il Vangelo. Il mondo moderno non ascolta volentieri le prediche, ma è attratto dalla testimonianza di uomini che lo incarnano e lo mostrano in tutta la sua bellezza, come ha fatto Francesco nel dinamismo delle tre dimensioni fondamentali dell’ascolto, della pratica di comunione e dell’annuncio. In tempi difficili come quelli in cui viviamo, con una società in continua evoluzione, non bastano i programmi e le iniziative: c’è bisogno di gente che ha scoperto l’amore di Dio, reso visibile in Gesù Cristo, e vi corrisponde con l’entusiasmo di Francesco che non cercava altro che questo. Tutte le creature uscite dalle mani del Creatore gli parlavano di Lui e in tutte vedeva il riverbero della sua bellezza. Anche il mondo ecclesiastico ha molto da imparare da Francesco, in particolare l’obbedienza e il rispetto verso coloro che hanno il duro compito di guidare la comunità cristiana sui sentieri che conducono al Regno e di tenerla unità per rendere la predicazione credibile ed efficace. Chi meglio di Francesco può insegnarci l’amore alla Chiesa e l’obbedienza ai suoi Pastori? Anche al suo tempo gli uomini di Chiesa non erano santi ed anche allora non erano esemplari per fedeltà al Maestro divino. Ma Francesco ha saputo andare oltre le apparenze, oltre l’uomo fragile, debole e peccatore; ha saputo cogliere nelle parole del ministro il tesoro prezioso da accogliere e custodire gelosamente nel cuore. Contemplando Francesco, l’uomo fatto Vangelo e fatto preghiera, la Chiesa italiana sappia ritrovare la forza per testimoniare agli uomini di oggi la bellezza della fede e dell’amore, unica salvezza dell’umanità già nella sua avventura terrena.
Alla scuola di Francesco
parola di vescovo
AUTORE:
Mario Ceccobelli