Recentemente è stato consegnato a Sansepolcro alla sig.ra Giuseppina Mengozzi, nipote di don Duilio, il riconoscimento di “Giusto fra le nazioni” assegnato alla memoria del sacerdote (morto il 17 marzo 2005) per aver salvato una donna ebrea a rischio della propria vita, durante la persecuzione razziale nel 1944. Alla cerimonia hanno preso parte il sindaco di Sansepolcro, il Vescovo diocesano, autorità civili e militari e numerose persone. Al termine il Sindaco ha scoperto la lapide commemorativa sulla facciata di palazzo pretorio. Anche gli ex alunni dell’istituto magistrale hanno ricordato il loro antico professore con la celebrazione di una messa nella chiesa del Trebbio, lo scoprimento di una lapide sulla facciata della canonica e la piantumazione un olivo nel giardino pubblico antistante. Il Comune di Sansepolcro ha intitolato al nome di don Duilio Mengozzi la piazza della frazione Trebbio.
Nato il 6 novembre 1915 a San Zeno di Galeata, Duilio Mengozzi compì la formazione al sacerdozio nei Seminari di Sansepolcro, di Firenze e nel Collegio Capranica di Roma, di cui fu alunno dal 1934 al 1938. In questi quattro anni completò gli studi superiori presso la pontificia università Gregoriana. Fu ordinato sacerdote nel 1938 dal vescovo Pompeo Ghezzi e inviato come parroco al Trebbio, dove sarebbe rimasto fino al giorno della morte. Dal 1942 al 1970 fu insegnante di Religione cattolica all’istituto magistrale di Sansepolcro. Ci piace ricordare anche i suoi rapporti di amicizia con il clero di Città di Castello, specialmente con don Pasquale Gabellini e mons. Pompilio Mandrelli, che nel 1984 invitò don Duilio a predicare il triduo della Madonna delle Grazie.
Nel 1944 don Duilio svolse una notevole attività a favore degli sfollati, rimanendo vicino alla popolazione assieme al vescovo Ghezzi: si adoperò per assistere malati e feriti nell’ospedale di Sansepolcro (dove venivano nascosti soldati inglesi, prigionieri slavi ed ebrei in fuga, tra cui anche il filologo Attilio Momigliano e sua moglie) e per la tumulazione delle salme. In particolare, nel 1944 ospitò per molti mesi nella propria casa canonica l’anziana signora Emma Goldschmied Varadi, triestina, che a motivo dell’età non poteva scappare in Svizzera insieme alla sua famiglia.
Dopo mons. Beniamino Schivo, un altro sacerdote altotiberino è stato così riconosciuto “Giusto fra le nazioni”, segno concreto di quanto fu ampio, anche in Alta Valle del Tevere, l’impegno della Chiesa in difesa degli ebrei perseguitati a motivo delle leggi razziali.