Accompagnamento, misericordia, accoglienza, integrazione, discernimento, verità. Sono alcune parole-chiave dell’Instrumentum laboris per la 14a Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, in programma dal 4 al 25 ottobre in Vaticano. Ne parliamo con don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale familiare.
Quali sono i punti più significativi dell’Instrumentum laboris?
“All’inizio del cammino sinodale Papa Francesco ha dato come direttive tre sfide: ascolto, confronto fraterno, sguardo su Cristo.
Oltre all’ascolto, mi sembra sia molto maturato il confronto, dal quale emergono alcune linee concrete su cui i Padri sinodali potranno lavorare.
Sono stati toccati spazi in precedenza rimasti esclusi: lo stato vedovile, le famiglie che vivono la fatica di avere un portatore di disabilità in casa o di situazioni economiche gravose, l’esperienza dell’esclusione sociale, gli anziani.
Uno sguardo davvero a 360 gradi su tutta la ‘carne viva’ della famiglia, un linguaggio più vicino alla sfida quotidiana di vivere il Vangelo. Ogni nucleo vi si può riconoscere”.
Famiglia ed evangelizzazione.
“Oltre alla concretezza delle diverse situazioni familiari, emerge dal documento anche una maggiore attenzione alla ministerialità coniugale , termine piuttosto nuovo per dire che la coppia di sposi è chiamata a grande responsabilità, a stare dentro la Chiesa come soggetto evangelizzatore, protagonista delle azioni di catechesi e di carità”.
Nel testo si parla di “accompagnamento differenziato delle famiglie”.
“Sono il linguaggio e la sensibilità di Papa Francesco, entrati nel cuore del popolo e restituiti dalle famiglie ai Padri sinodali. Si incarna il n. 34 della Familiaris consortio sulla legge della gradualità che ogni famiglia vive concretamente ogni giorno nello sguardo ‘differenziato’ che i genitori hanno verso ogni figlio, verso la sua unicità. Lo chiamerei ‘metodo famiglia’”.
Un tema “sensibile” è anche quello dei casi di nullità matrimoniale.
“Un ambito in cui sono emerse proposte pressanti. Insieme alla necessità di uno snellimento delle procedure, sono interessanti la larga convergenza sulla non-obbligatorietà della doppia sentenza concorde, il superamento dell’attribuzione di responsabilità al singolo vescovo – carico che sarebbe eccessivo -, l’istituzione nelle diocesi di un servizio stabile e gratuito di consulenza. Oltre a un maggior decentramento delle strutture dei tribunali, occorre un accompagnamento pastorale di chi sta vivendo il calvario del percorso verso la dichiarazione di nullità. Un’attenzione nuova per chi sta rivisitando l’esperienza del proprio fallimento. In questo avverto tutta la responsabilità della rete della pastorale familiare in Italia”.
E per quanto riguarda i divorziati risposati?
“Accoglienza e integrazione sono i termini ricorrenti, pur nella diversità delle situazioni. Si parla della possibilità di una via penitenziale, ma non è così semplice: le modalità sono tutte da inventare. Ci sono alcune proposte, e saranno i Padri sinodali a offrire indicazioni al Santo Padre. Tuttavia anche la comunità deve superare il suo volto giudicante: la via penitenziale va percorsa a livello individuale e comunitario, acquietando gli animi esacerbati dei coniugi e l’ostilità della comunità verso chi vive una nuova unione. Per tradurre tutto questo in prassi pastorale occorre la figura di presbitero che ‘accompagni’, e quindi la necessità di una nuova formazione dei preti che coniughi doti di discernimento, sapienza e tenerezza”.
Tra le novità, il riconoscimento del ruolo delle donne nella Chiesa.
“Ad Ancona, nel Seminario regionale delle Marche, il rettore ha fatto la scelta di dare ogni seminarista in affido a una famiglia perché vedere il genio femminile e la sapienza del padre all’opera lo aiutano a crescere nella propria vocazione al servizio delle famiglie.
Molti altri Seminari stanno gradualmente inaugurando una modalità nuova di presenza del femminile e di coppie di sposi all’interno della formazione. Si tratta di esperienze positive che danno la ‘carne’ della vita quotidiana: in famiglia la santità è quella del pannolino, delle bollette che aumentano, della cassa integrazione che avanza, dell’anziano da accudire…
La presenza femminile, dal canto suo, accompagna e acquieta la formazione sul lato dell’affettività nel seminarista, perché il celibato non è per una difesa dalla donna o per un arroccamento su di sé, ma per una maggiore relazione con tutto l’Umano, e quindi anche con il femminile che ne è parte”.
Pastorale degli omosessuali
L’Instrumentum laboris ribadisce la distinzione tra cura pastorale degli omosessuali e riconoscimento delle nozze gay. “Non si può mescolare – dice don Gentili – la custodia della famiglia, nei confronti della colonizzazione ideologica del gender, con il compito dell’accompagnamento delle persone con orientamento omosessuale, in particolare se sono credenti.
L’Instrumentum laboris si riferisce a veri e propri progetti pastorali diocesani specifici che, tranne qualche tentativo, non esistono. Questo ambito richiede che la cura di queste persone, spesso passate attraverso sofferenza ed esclusione, sia intrisa di quel fiume di misericordia che innerva l’Anno giubilare, alla vigilia del quale si colloca il Sinodo. Coniugare insieme carità, fatica e verità del Vangelo richiede una grande sapienza”.