Sabato 30 ottobre più di 80 mila bambini e giovanissimi dell’Azione cattolica italiana (Ac) incontreranno Benedetto XVI in piazza San Pietro. Slogan dell’iniziativa: “C’è di più. Diventiamo grandi insieme”. L’appuntamento segna l’avvio del nuovo anno associativo e si colloca all’inizio del decennio che la Chiesa italiana dedica all’educazione. Ne parliamo con don Vito Piccinonna, assistente nazionale settore Giovani di Ac. Qual è il significato dell’iniziativa? “Si tratta di un incontro nazionale che mette insieme i nostri ragazzi (Acr e giovanissimi, cioè dai 6 ai 18 anni) provenienti da tutt’Italia per un momento di ascolto, preghiera e festa. Si vuole così ribadire la centralità dell’educazione, soprattutto delle giovani generazioni, per tutta l’Ac. I ragazzi saranno accompagnati a Roma da genitori, educatori, responsabili e sacerdoti, e anche da alcuni vescovi, per dimostrare che non si cresce se non insieme, in quella sorta di ‘compagnia della vita e della fede’ che l’Azione cattolica fa già ordinariamente loro sperimentare. La presenza del Papa fa sì che questa ‘compagnia’ sia davvero solida. Da parte nostra vogliamo ridire a Benedetto XVI il grande amore che da sempre l’associazione nutre nei confronti della sua persona”. Da dove nasce la scelta dello slogan? “Vogliamo gridare quel ‘di più’ che è già contenuto nella vita dei ragazzi e dei giovanissimi. Già la loro età rappresenta una sfida al mondo adulto; una sfida che invoca vicinanza, tenerezza e capacità di far crescere i sogni depositati da Dio nel loro cuore per farli diventare grandi non solo in età, ma anche in sapienza e grazia. Una grandezza che è in fondo la santità che ci sta a cuore”. Nel discorso tenuto il 4 maggio 2008 all’Ac per il 140° anniversario di fondazione, il Papa ha sollecitato i suoi appartenenti a “essere annunciatori instancabili ed educatori preparati e generosi”… “Il compito educativo fa parte del nostro Dna. Il Papa ha chiesto a tutti i presenti di fare della propria vita un capolavoro di santità: è questo l’impegno che ci siamo assunti di fronte alla Chiesa. Il 30 ottobre non è un evento slegato dagli altri; è un momento forte che conclude un anno di preparazione a livello locale, e anticipa altri momenti ordinari che saranno vissuti nelle comunità diocesane e parrocchiali”. L’incontro cade ad una settimana dall’intervento sull’educazione di mons. Crociata al Consiglio nazionale di Ac, e all’inizio del decennio dedicato dalla Cei al tema. “Il Segretario generale della Cei ha voluto ribadire come l’impegno associativo debba essere soprattutto di vicinanza alle comunità diocesane e parrocchiali. Solo così la sfida dell’educazione può essere raccolta e portata avanti in modo significativo. L’impegno educativo è volto al perseguimento di un umanesimo integrale. Sono certo che una vita piena, buona, vissuta secondo il Vangelo, affascini i giovani, che non hanno paura della fatica di proposte esigenti, ma della mediocrità. Oggi i ragazzi coltivano il mito della libertà, parola di cui la nostra società fa uso e abuso slegandola tuttavia dalla verità. La libertà deve invece essere vincolata a valori grandi: nella misura in cui i giovani intercettano verità forti e vengono allenati a scoprire la propria vocazione, anche la loro libertà si può aprire a nuovi orizzonti di senso”. Quale, allora, il compito dell’adulto-educatore? “Deve anzitutto essere un testimone che ha compiuto scelte di vita e di fede chiare e trasparenti, e per questo è in grado di ‘contagiare’ gli altri, come ci rammentano i santi e i beati della nostra associazione. Una vita piena e vissuta a 360 gradi – imperniata intorno a una spiritualità forte che sa illuminare la carità verso gli altri, in particolare i più poveri, e un generoso impegno nella comunità ecclesiale e nella città – educa senza tante parole perché parla da sé. Ciò richiede tuttavia all’educatore di accettare la fatica della propria continua autoformazione. Alle radici dell’odierna crisi educativa c’è una crisi di fiducia, avverte il Papa. Credo che le nuove generazioni abbiano bisogno di educatori che facciano leva su una fiducia più alta verso la vita, e devono inoltre poter vedere questi valori incarnati in persone che non hanno paura di ammettere difficoltà e fallimenti. Un vero educatore conosce anche le sconfitte, ma è sempre disposto a ripartire, e ha davanti a sé l’immagine di quel grande maestro che è Cristo, fonte e culmine di ogni impegno educativo”. Che cosa direbbe a un adolescente convinto che la fede sia un inutile reperto del passato? “Ai giovani va dimostrato che essere cristiani non è una limitazione della propria umanità e libertà, bensì l’espressione di un’umanità piena e realizzata con gioia secondo il Vangelo. Essere cristiani è bello, rende la vita più ricca di senso. Gli educatori devono mettersi accanto alle nuove generazioni e dire loro come Gesù agli apostoli: ‘Venite e vedete’. I giovani non hanno bisogno di lezioni o risposte prefabbricate, ma di sostegno e accompagnamento per dare seguito a quanto Dio ha seminato nel loro cuore”.