“Mia sposa – mi sussurra il Cristo crocifisso – mi sono care le penitenze che fai per coloro che sono in mia disgrazia, perciò ti confermo per mezzana tra me e i peccatori, come tu brami’. Poi staccando un braccio dalla croce, mi fece cenno che mi accostassi al suo costato… E mi trovai tra le braccia del Crocifisso. Quello che provai in quel punto non posso raccontarlo: avrei voluto star sempre nel suo santissimo costato” (santa Veronica, Diario). L’esperienza mistica di santa Veronica, che in modo tutto particolare la Chiesa tifernate ricorda nel 350° anniversario della nascita, richiama la scena del discepolo amato nell’ultima cena. Ecco la traduzione letterale di Gv 13,23: “Stava adagiato nel seno di Gesù uno dei suoi discepoli, colui che Gesù amava”. E un po’ più avanti: “Allora quello, reclinandosi sul petto di Gesù, gli dice: Signore, chi è?” (13,25). Come il Figlio unigenito è “verso il seno del Padre” (1,18) perché “è una cosa sola” con Lui (10,39), così questo discepolo stava adagiato nel grembo di Gesù, figlio nel Figlio. È il prototipo del discepolo ideale: l’uomo che accoglie l’Amore di Gesù alla sorgente. Proprio volgendo lo sguardo al cuore trafitto di Gesù, da cui sgorga sangue e acqua, l’uomo trova la salvezza. L’evangelista Giovanni approfondirà questa relazione del discepolo con Gesù come un reciproco dimorare o rimanere (menein en) dell’uno nell’altro (cf Gv 6,56; 15,5). Veronica, guidata dallo Spirito, per ben 50 anni (dal 1677 al 1727) vive in quest’ottica l’esperienza claustrale nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello. Gesù l’associa alla sua Passione con le stimmate. Svolge il servizio di badessa, distinguendosi per la sua carità nei confronti delle consorelle, specialmente di quelle che la diffamavano. Veronica si caratterizza come una donna innamorata e appassionata di Gesù, e allo stesso tempo attenta e dedita alla comunità delle sorelle, alla sua Chiesa, ai sacerdoti, al suo vescovo e al mondo. “Dopo il mattutino, in un subito, mentre facevo orazione, mi è venuto il rapimento colla visione di Gesù Crocefisso il quale stava per aria, e dalle sue sante piaghe versava sangue. Parevami che ivi, ove ero io, vi fossero tutte le genti di questa (nostra) città. Poche, però, erano quelle che partecipavano il frutto del prezioso sangue di Gesù. Il detto Crocefisso stava con un braccio distaccato dalla Croce e faceva cenno, tanto a me come ai più che ivi stavano presenti; in particolare, al nostro Prelato. Pareva che così ci dicesse: Non più terra, non più mondo; venite a me; venite a me” (Diario). “Poche volte vado alla Comunione, che Iddio non mi faccia nuovamente capire i grandi bisogni di santa Chiesa. Mi sento consumare di dolore e di cuore mi esibisco a qualsisia pena, purché si ravvedano i peccatori” (Diario).“Quando poi ho raccomandato i bisogni di santa Chiesa ed il Sommo Pontefice, ho compreso che vi sono molti travagli e grandissimi errori contro la fede santa. Qui ho pregato molto, e mi sono esibita a patire qualsisia tormento, per la conversione degli infedeli, per la perseveranza dei cristiani nella fede santa, e perché tutti riconosciamo il grande beneficio di essere noi nati nel grembo della Chiesa santa. Ho anche raccomandato tutti i Superiori, in specie il nostro Prelato, ed ho pregato Maria SS.ma, che lo assista in tutti i suoi bisogni e secondo le sue intenzioni (Diario). L’Anno veronichiano, che la nostra Chiesa di Città di Castello intende celebrare a partire dal prossimo 27 dicembre, sarà una gioiosa occasione per accogliere con gratitudine la sua preziosa testimonianza, per invocare la sua intercessione dal cielo, per attualizzare nel nostro contesto socio-ecclesiale la sua passione per Cristo, per la Chiesa, per la vocazione claustrale, per tutti i bisognosi della pace del Signore per i quali lei si è offerta come “mezzana”.Una vita che si è conclusa con le seguenti parole: “Ho trovato l’Amore, l’Amore si è pur lasciato vedere, ditelo a tutti. È questo il segreto delle mie sofferenze e della mia gioia. L’Amore si è lasciato trovare”.
Abbracciata dal Crocifisso
Parola di vescovo
AUTORE:
† Domenico Cancian