Torniamo a tentare di cesellare, col vetusto bulino del quale disponiamo, la risposta che stavamo tentando di dare alla domanda: quale tipo di famiglia cristiana nascerà quando la linea inaugurata da Papa Bergoglio andrà fino in fondo? Il tentativo di vexata indigestio del quale siamo stati vittime la settimana scorsa poteva solo rimandarlo, non annullarlo, questo tentativo di risposta.
“Il matrimonio cristiano è stato ingessato dal Diritto”. Giusto, e gli ortopedici lo insegnano da prima di Ippocrate: il gesso ha una funzione provvisoria, è destinato ad aprirsi. Alla funzione che la Provvidenza gli ha assegnato (fare da gesso per l’ingessatura) il diritto matrimoniale ha onorevolmente fatto fronte, adesso tocca alla teologia della famiglia. Dopo il gesso, la polpa. Come?
Certo che Papa Francesco un punto fermo sul molo l’ha già messo: la famiglia intrinsecamente evangelizzatrice. Un punto fermo. Un puntone solido, al quale può attraccare sia la tua personale barchetta, sia anche il transatlantico del bene comune della Chiesa e, di riflesso, del bene comune dell’umanità. Il n. 10 della Lumen gentium apre il discorso sul sacerdozio dei fedeli: Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5,1-5), fece del nuovo popolo “un regno e un sacerdozio per Dio Padre” (Ap 1,6; cfr. 5, 9-10). Ma subito dopo, al n. 11, apre il discorso dei sacramenti come momenti di esercizio del sacerdozio comune.
Tutti, ognuno in maniera diversa. Anche il matrimonio. Per cui i coniugi cristiani, in virtù dl sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre fra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio.
Tà zùm pà pà! Tà zùm pà pà! Tà zumpa zumpa tazumpa pà pà! Che ci azzecca la musica insolitamente zompettante di Wagner in un momento come questo, di impegno così esaltante? Tanto più che qualcuno canticchia: “Non te sposa’, pennsa alle…”. E che c’entrano tutte le cianfrusaglie che gremiscono oggi la liturgia del cosiddetto matrimonio, riducendola a cerimonia? Il “cosiddetto” è d’obbligo. Ce n’è da fare di strada, urca, se ce n’è da fare!