Perentoria come non mai, la Parola della XVI domenica del tempo ordinario: accogliere, accogliere sempre e comunque, e dare sempre la precedenza allo straniero, trattarlo sempre e comunque come un ospite.
Perentoria e dettagliata: quando è la famiglia che offre un sacrificio, se nei paraggi c’è uno straniero, anche lui deve partecipare al rito. E la sera di Pasqua, nel momento in cui si celebra il rito dei riti, il più grande, la porta di casa va lasciata semiaperta: se per caso passa di lì uno straniero, dovete farlo entrare!
Perentoria e dettagliata, perché cosciente dell’enorme difficoltà che quell’impegno comporta: non per nulla, quando il testo sacro avrà la sua versione latina, per indicare lo straniero da ospitare e il nemico da abbattere si useranno due parole che hanno un’unica radice: hospes, hospitis e hostis, -is.
Difficoltà enorme, certo! Sufficiente a rinunciare alla vita come accoglienza, e intrupparsi tra coloro che la pensano e la vivono come un giocattolo, o la pensano e la soffrono come una tragedia?
No, assolutamente no. Giampiero Antonini, a Fabriano, l’aveva fatto scrivere sull’architrave dell’ingresso della tipografia Gentile: “Le cose impossibili le facciamo subito, per i miracoli ci vuole un po’ più di tempo!”.
Ricostruire l’Europa, soprattutto la Germania, nel 1945 era impossibile, o ci voleva un miracolo? Fate vobis! Io ero un bambino, e ricordo che dalla Germania arrivavano, da amici di famiglia “trattenuti” dai nibelunghi, lettere affrancate con bolli da 5 milioni di marchi, e una di quelle mattine uno degli ex Padroni delle Ex Ferriere (mi dissero poi che era il ministro del Tesoro Inesistente!) esortò i tedeschi ad accendere il fuoco con i miliardi di franchi che avevano in casa: all’indomani sarebbe stato consegnato a ogni tedesco un marco buono, uno solo, e da lì sarebbe ripartita la ricostruzione della Germania.
Era un meta impossibile o, tout court, un miracolo? Fate vobis! Certo è che la Germania allora era ridotta a uno di quei moscerini trasparenti che volano sopra gli stagni d’acqua morta, e oggi si presenta con le sembianze di un primo ministro donna, ma possente, soprattutto di spalle.
Se ci riuscimmo allora, a rilanciare la vita a partire da sotto zero, perché non dovremmo riuscirsi oggi, ad accogliere – come merita la loro dignità di persone – i tanti fratelli di colore che bussano alle nostre porte semplicemente per fuggire la morte? Le cose impossibili le facciamo subito, per i miracoli ci vuole un po’ più di tempo!
Ma la ricostruzione della Germania è un caso estremo. Dovunque, dopo l’immane mattanza di 60 milioni di uomini, la vita riprese i suoi ritmi.
Anche a Gubbio, dove per la prima volta, nel pomeriggio del 15 maggio, il tempo di ascesa dei Ceri al monte Ingino scese sotto i 10 minuti.
Anche a Scheggia, il mio umile paesello anguattato tra i monti più presuntuosi dell’Appennino: la retroguardia delle Schützen Truppen l’avevano macellato ben bene. Vi dirò, gente, vi dirò.
Abat jour – Senza eccezioni
AUTORE:
Angelo M. Fanucci