Abat Jour. Per leggere il mondo

Non so se abbia ragione del tutto il prof. Immanuel Kant quando propone di farla finita con il considerare il tempo e lo spazio così come i cervelloni del nostro passato li hanno sempre, ingenuamente, pensati, cioè come dati oggettivi che l’uomo, nel corso del processo conoscitivo con il quale approccia le cose, va scoprendo nella realtà oggettiva. No!, gracchia il professore con la sua voce in falsetto, tempo e spazio non sono dati oggettivi, sono due categorie soggettive, sono pince-nez che ognuno di noi conserva nel taschino e deposita sul proprio venerabile naso quando decide di fissare in immagini il fiume lutulento della realtà che gli scorre davanti per metterne in ordine il fluire e renderrlo comprensibile.
So di certo che, sul piano della natura profonda delle cose, e non certo della loro superficie, la Pasqua è questa suprema, onnipresente, onnipervadente categoria conoscitiva della Storia.
La storia con la “s” minuscola è cacca e vento, la Storia con la “S” maiuscola è Pasqua, cioè Libertà e Grazia.
Da quando Cristo, per dirla con san Paolo, ha ricapitolato in sé tutte le cose, Pasqua è sempre e  ovunque. Ovunque un uomo cresce in umanità. Ovunque un uomo, a qualsiasi titolo, passa dalla paura al coraggio, dal’egoismo alla generosità, dalla superficialità alla profondità.
Sembra un esercizio di retorica e invece risponde alla verità profonda della cose. La vera Pasqua è dappertutto: o l’esperienza pasquale della fede in Cristo dà senso a tutto (alle gioie e ai dolori, successi e fallimenti…), o illumina sia i momenti di euforia che quelli disperati, o… non è l’esperienza pasquale di Cristo: è qualcos’altro, magari anche molto bello, ma… qualcos’altro.
Questo perché, da quando Cristo, senza cessare di essere Corpo Fisico, è diventato Corpo Mistico non esiste nulla di positivo che non sia in intimo collegamento con la sua risurrezione.
E allora la risurrezione di Cristo non solo è la suprema, onnipresente, onnipervadente categoria conoscitiva della Storia, ma prima ancora è il momento fontale, l’erogatore primo di energia per tutti i progetti positivi che gli uomini fanno, anche quelli che di lui ignorano perfino l’esistenza.
Per questo occorrerebbe evitare, soprattutto nella Liturgia, ogni espressione che esprima il nostro rapporto con Cristo in termini minimali, di natura morale minimalismo nel presentare. Per esempio “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Potremmo intendere che con la Passione, Morte e Resurrezione di Cristo, s’è avuta una specie di amnistia a beneficio di noi peccatori? Non è un po’ poco? Non sarebbe meglio dire, come dicono a Fonte Avellana: “Ecco l’Agnello di Dio che prende su di sé e perdona il peccato del mondo”?
Buona Pasqua!

AUTORE: Angelo M. Fanucci