La mia scelta di gestire la Comunità di Capodarco dell’Umbria solo come una comunità d’accoglienza e non anche anche come un’azienda, sul piano teorico ha ridicolizzato la mia decantata passione per la cultura delle autonomie, sul piano pratico ha accumulato, sotto la mia responsabilità di Presidente, una montagna di debiti sul groppone della CdCdU.
Quando qualcuno è sull’orlo del défault a Gubbio entrano sempre in azione i Fiji de Parlachiaro, una genia di umanoidi, figli di padre sconosciuto e di madre periclitante: tra loro c’è anche qualche persona intelligente, ma la grande maggioranza di essi sono… andreottiani: A parlar male, si può anche sbagliare, ma ci si azzecca
I Figli di Parlachiaro, acquattati all’ombra del Palazzo dei Consoli, di fronte al dissesto finanziario della Comunità di Capodarco dell’Umbria, invece di dire “Don Angelo ha sbagliato di brutto”, hanno detto. “Qui qualcuno ha rubbato”: con due “b”. Don Angelo …no, lui non li può tirare in ballo. No, lui no è come il pennone dello stendardo il giorno dei Ceri: ci si gira intorno, nessuno ci si arrampica su. Don Angelo come il grande Gian Maria Volonté nel film di Elio Petri, “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”: un commissario di polizia che ha ucciso una signora e si è premurato di disseminare la scena dl delitto di indizi inizi che portano tutti e solo a lui, uno più evidente dell’altro. Ma quando le indagini si stringono e la verità sulla colpevolezza del commissario si fa solare, tutti i suoi collaboratori, ma proprio tutti, si proclamano convinti che non è stato lui, perché lui … non può essere stato. No, lui no. Lui è COLPEVOLE D’INNOCENZA.
La mia situazione e Gubbio attualmente è estremamente imbarazzante. Non riesco a convincere nessuno, neanche i paracarri, della verità degli avvenimenti, i Figli di Parlachiaro, che anche loro, purtroppo, mi vogliono bene, si sono scatenati e hanno cominciato la caccia ai singoli che hanno ”rubbato” (con due “b”), e hanno fatto nomi e cognomi, sotto banco naturalmente.
Nomi di gente che la comunità l’ha vissuta e servita e sofferta quanto e più di me: Io nei momenti di crisi mi sono riscaldato alla loro generosità sconfinata. Il lungo, lunghissimo, duro, durissimo impegno nella comunità o nelle cooperative di lavoro che erano la longa manus della comunità per l’inserimento lavorativo dei disabili fra l’altro meritò alla Cooperativa Comunità di S. Girolamo la medaglia d’oro da parte della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Largo Steuchi. Sono amareggiatissimo. “Colpevole d’innocenza”, vorrei far domanda come cappellano della Casa di Riposo. Oppure ritirarmi sul cucuzzolo nord del Monte Everest Ma … per che fare?