Non è proprio aria di prendere sonno, stanotte. Ho dimenticato di assumere a tempo debito quel Tavor che il sonno me lo procura ogni notte artificialmente, ma me lo fa pagare caro, rendendomi ogni notte la bocca arida come un coccio appena sfornato. La vendetta del Tavor trascurato, nella notte fra martedì 17 e mercoledì 18 dell’anno duemillesimodecimoterzo dell’Era volgare. Ma non è solo questo.
No. Il fatto è che da giorni sto vivendo come in trance l’attesa che coinvolge quanto e più di me milioni di italiani: che farà domani Berlusconi? Quando il lettore leggerà, la domanda che lo provoca non sarà più attuale. A meno che…
Tanti anni fa ho avuto modo di vivere, anche se da bambino, la desolazione del dopoguerra. Ma l’ho rimossa, e pian piano ho cancellato dalla mia memoria le immagini più pesanti di quei giorni. Prima fra tutte l’immagine del mio paese, Scheggia, che con i miei attraversammo per pochi minuti, dopo aver sfollato per qualche settimana a Rancana e mentre ci accingevamo a passare qualche altra settimana a Campitello, cioè ancora lontano da quella via Flaminia sulla quale la Wehrmacht risaliva in ritirata verso il nord. Un paese fantasma. La case vuote, molte porte sfondate. I due ponti distrutti. La carcassa di un gatto infilzata sulla porta di casa nostra.
Ma forse la desolazione di questi giorni non è meno desolata di quella di allora. Che dirà, domani, Berlusconi? Salterà o non salterà il governo Letta? La ripresa tornerà ad allontanarsi? Quanti altri piccoli imprenditori si impiccheranno? La scatola dei dubbi si è aperta di botto e le domande saltellano sul pavimento come impazzite. Ma il garantismo dei poteri dello Stato che si controllano reciprocamente è finito per sempre? La politica non era mai caduta così in basso.
E proprio adesso, provvidenziale come sempre, arriva la voce di Papa Francesco: “Un cristiano non può disinteressarsi della politica”.
Qualche sera fa ho assistito all’ultima delle quattro puntate di una trasmissione tv intitolata Petrolio, che prendeva le mosse dalla domanda se ancora nel sottosuolo italiano esistano giacimenti inutilizzati di energia.
Sì, esistono, e il più importante di tutti è il quarto, Papa Francesco, appunto: un giovane don Viganò e un non meglio identificato giornalista hanno ispezionato, lucidi ed entusiasti, questo straordinario giacimento di energia umana, morale, spirituale, e mi hanno riempito il cuore di consolazione.
Notte. Dalla finestra guardo la notte. Nuvole dappertutto. Buio pesto, notte. Se avessi occhi e ali d’aquila, vedrei da qualche parte un luce intensa, e forse potrei raggiungerla.