A titolo di evangelizzazion

Abatjour

Vedi, caro amico antico e doc, riprendendo il discorso che tra te e me è rimasto a mezz’aria, io penso che, per esprimere l’intero potenziale di liberazione integrale dei poveri che il Vangelo ha in sé, l’operazione previa dovrebbe essere quella di cambiare collocazione al rapporto Chiesa/poveri, spostandolo dal settore Caritas al settore Evangelizzazione. L’ex pescatore di Cafarnao era venuto a Roma per evangelizzare quel Gesù che egli aveva visceralmente amato e tradito; un compito destinato ad entrare in collisione col perbenismo dei benpensanti: prima o poi doveva capitargli quello che gli è capitato, morire crocifisso. Pare che sia stato lui ‘ chiedere la variabile (‘a testa all’ingiù’) che accresceva il dolore, ma esaltava come niente altro il desiderio che da quella notte aveva devastato la sua vita: che si chiudesse per sempre quell’immane ferita della notte degli spergiuri che non aveva mai smesso di sanguinare. Ebbene, il pescatore di Galilea, divenuto pescatore di uomini, chiese a tutti coloro che avessero voluto associarsi a lui nelle sua opera di evangelizzazione (1Pt 3,15): ‘Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi’. La sequenza giusta sarebbe questa: primo, le scelte della comunità cristiana denunciano la presenza in essa di una speranza (una concezione della vita) del tutto particolare, anomala, ‘ridicola’. Secondo, chi viene a contatto con le scelte che quella concezione della vita ci ha suggerito, visto il loro alto tasso di provocazione, non può non rivolgerci delle domande. ‘Come mai alcuni di voi si sono fatti eunuchi per il Regno?’; oppure: ‘Come mai i cristiani praticanti che lavorano ai piani superiori degli istituti bancari non rubano?’; oppure: ‘Come mai i politici eletti in nome degli ideali evangelici non usano l’attack per rimanere incollati alla poltrona?’; infine la domanda delle domande: ‘Come mai voi cristiani, nel ‘ervizio che dite di voler rendere al mondo, preferite (così, d’istinto) sempre i più deboli?’. A questo punto noi siamo impegnati a dare delle risposte, e non a lanciare degli spot pubblicitari. Ma se le domande non hanno preso corpo, noi rischiamo la fine del barone/trombone universitario che proclama alle centinaia di giovani che ha davanti: ‘Voi mi direte, e io vi risponderò”: o bischero, chi mai di questi pivelli s’è sognato di farti una domanda? Sono lì da te solo per andarsene al più presto, tornare a casa con il famoso ‘pezzo di carta’, non importa se guadagnato o no. Suscitare domande. Sedersi comodi in un angolo, aspettando che passi qualcuno che ce le ponga motu proprio? Perdiamo tempo. Quando addosso ci si sarà formata una bella patina di muschio, se vedremo passare il Signore gli diremo: ‘Eccolo, il talento che mi avevi dato: l’ho sepolto in terra’. Terra buona, veh! Umida. Come il ‘uschio che mi si è formato addosso.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci