Un medico con una coscienza: forse è anche, o solo, per questo che Stefano Ojetti, dirigente medico di chirurgia dell’ospedale di Ascoli Piceno, nonché vicepresidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci), ha ricevuto recentemente l’onorificenza di cavaliere commendatore dell’Ordine di san Gregorio Magno, a firma del card. Tarcisio Bertone. Un riconoscimento richiesto dal vescovo, mons. Silvano Montevecchi, come segno di ringraziamento della diocesi per un impegno sui temi “eticamente sensibili”, che dura da oltre vent’anni. Ed è una questione di coscienza che ha fatto salire Ojetti agli “onori” delle cronache, quando all’indomani del caso Welby si dimise dall’incarico di consigliere dell’Ordine dei medici di Ascoli Piceno: L’Osservatore Romano definì, il suo, un gesto di “un valore esemplare per quanti svolgono la professione medica”. Dott. Ojetti, “famoso” per essersi dimesso: è poi tornato nel Consiglio dell’Ordine? “No, perché me ne andai dopo che l’Ordine dei medici di Cremona archiviò il procedimento disciplinare nei confronti di Mario Riccio, l’anestesista che il 20 dicembre 2006 staccò il respiratore meccanico grazie al quale era tenuto in vita Piergiorgio Welby. Non mi riconoscevo più nei valori deontologici dell’Ordine, per me le dimissioni erano un segno di coerenza”. Il virus A/H1N1 è in questi giorni protagonista dell’informazione: dal suo punto di vista medico l’allarme è giustificato? “Questa è un’influenza a bassa virulenza ma ha un alto coefficiente di trasmissibilità: il vaccino serve per cercare di circoscrivere la pandemia, ma non è un’influenza più pericolosa delle altre. Credo che la mortalità sarà molto bassa, e le vittime che ci sono state finora in Italia avevano malattie collaterali importanti: forse il problema di questa influenza è l’eccessiva e allarmistica comunicazione mediatica. È vero che i bambini sono più a rischio degli adulti, ma i genitori possono stare tranquilli: se i figli hanno la febbre non devono subito correre al pronto soccorso, devono rivolgersi al pediatra o al medico di famiglia e curare i piccoli come farebbero con una normale influenza”. Il 25 ottobre ha partecipato, per l’Amci, all’audizione della Commissione parlamentare sulla legge del “fine vita”: quale posizioni avete espresso? “Nel corso dell’audizione ho ribadito che la legge non deve consentire qualsiasi forma di eutanasia attiva o omissiva. Questo non significa che il medico non possa prendere in considerazione che il paziente possa morire con dignità, conoscendone bene la storia, la malattia e la sua condizione. Ma non è accettabile che sia il paziente a decidere di morire e al medico non resti che fare da ‘esecutore’ testamentario di questa volontà. Allo stesso tempo, non si deve praticare accanimento terapeutico e tanto meno abbandono terapeutico (ovvero non mettere in pratica tutte le terapie palliative possibili compreso il controllo del dolore). Naturalmente ho ripetuto la nostra contrarietà alla sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione, perché è terribile morire di sete e fame come nel caso di Terry Schiavo ed Eluana Englaro. Fondamentale è il dialogo nel rapporto medico-paziente, capire bene quali sono le motivazioni del malato e le sue reali condizioni. In certi casi si può aiutare a morire con dignità il paziente preoccupandosi di non farlo soffrire attraverso l’idratazione, un’adeguata ventilazione e la terapia del dolore. Io spero che queste nostre istanze siano accolte perché non si può lasciare che nel nostro Paese i ragazzi crescano pensando che a una certa età si può scegliere di farla finita”. A luglio l’Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera all’utilizzazione della pillola abortiva Ru486: cosa si deve fare adesso? “L’interruzione di gravidanza fino ad oggi, secondo la legge 194, veniva fatta in ospedale e in condizioni di sicurezza: ora, con la Ru486 si vorrebbe evitare l’ospedalizzazione. Tra l’altro la letteratura medica documenta casi di decessi tra le donne che l’hanno utilizzata, che credo potrebbero aumentare con il suo uso domiciliare. E poi, dato che va presa entro le sette settimane, diminuisce il tempo di riflessione attraverso cui la donna deve prendere una così grave decisione. Io spero che rimanga l’obbligo della somministrazione in ospedale, perché – al contrario del messaggio che si vuol far passare – questo non è un aborto ‘dolce’ e spesso deve essere seguito da un raschiamento. Aggiungo una considerazione: essendo una pillola che agisce in 24-48 ore, si può ben immaginare come si può sentire una donna che la prende in casa da sola per poi aspettare che il figlio le muoia dentro…”.Qual è il senso della presenza dell’Amci nella società italiana di oggi?“Il nostro approccio alle questioni è medico-scientifico, e quindi laico, perché siamo convinti che etica e scienza devono e possono andare insieme. Il nostro è certo anche un ruolo di testimonianza, di critica e, quando serve, di suggerimento alla Chiesa su alcuni temi etici. È vero, siamo supportati dalla fede, ma le nostre argomentazioni sono etiche e scientifiche, perché siamo convinti che i medici, credenti e non, devono mirare sempre e comunque alla vita del paziente”.
A servizio solo della vita
ETICA E MEDICINA. Intervista a Stefano Ojetti, vicepresidente nazionale Amci. Si dimise dal Consiglio dell’Ordine dei medici dopo il caso Welby
AUTORE:
Simona Mengascini