A Perugia, nella serata di giovedì 20 marzo, si è tenuta una manifestazione per la pace in piazza della Repubblica, promossa dalla Tavola della pace e dalle organizzazioni sindacali, alla quale ha partecipato, insieme ai rappresentanti delle istituzioni del capoluogo umbro, l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti. Con le sue parole mons. Chiaretti ha ribadito la condanna di questa guerra in Iraq, spesso chiamata “guerra preventiva”, condanna risuonata nella Chiesa universale grazie non solo alle parole di Giovanni Paolo II, ma anche ai gesti concreti che il Santo Padre ha chiesto ai fedeli, in particolare il digiuno. Parlando ai numerosi convenuti delle organizzazioni sindacali, mons. Chiaretti ha detto: “Qualcuno dirà anche: ‘Il Papa ha perso!’; ma non è la prima volta che perde. … E’ successo nell’anno del Giubileo quando ha chiesto un gesto di clemenza per i carcerati, giacché alla giustizia va unita anche la misericordia per recuperare le persone. E’ successo quando ha chiesto una qualche riduzione dei debiti per i Paesi più poveri per consentire loro di recuperare fiducia. Succede ora con la pace. Ma a perdere è l’umanità dell’uomo, siamo noi tutti, non il Papa”. “Non è un generico pacifismo a senso unico quello che ci muove – ha sottolineato l’Arcivescovo -, ma il desiderio di collaborare alla pace come pacificatori, costruendo la pace in tutti i consessi politici, culturali e sociali”. Inoltre, si è soffermato sul ruolo degli strumenti di giustizia anche internazionale, dicendo che “occorre proseguire nel perfezionamento e nell’uso di tali strumenti, a partire dalla Corte Penale Internazionale, chiamata a perseguire non solo i delitti di guerra ma anche i delitti contro l’umanità, esigendo pace, se necessario, una attenuazione delle sovranità nazionali”. “La guerra ora iniziata è un enorme grido degli oppressi che chiedono di costruire seriamente e pacificamente, al di là degli steccati ideologici, prospettive concrete d’una società più giusta e concorde. E’ un’occasione che non esonera nessuno dall’impegno, perché la pace va costruita da tutti già nelle relazioni quotidiane in famiglia, nel lavoro, nell’attività sociale culturale politica. Lo spartiacque fra bene e male, infatti, è sempre nella coscienza delle persone, in quella di Saddam come in quella di Bush; e il male non è mai una fatalità, ma una scelta personale che diventa anche politica”.
“A perdere è l’umanità intera, non il Papa!”
L'Arcivescovo sulla guerra in Iraq
AUTORE:
R.L.