Sono passati 40 anni da quando, nel settembre 1973, ragazzi e ragazze di tutta Italia si ritrovarono a Collepepe per sostenere Mani Tese con un campo di lavoro per la raccolta di ferro vecchio, vetro e carta. Con il denaro raccolto si aiutò il piccolo villaggio di Namatu, in Uganda. Parroco era già don Eutimio Pasqualini, non nuovo a esperienze del genere, che condivise gli scopi e cercò di “far digerire” ai suoi parrocchiani tradizionalisti quei ragazzi un po’ strani.
I collepepesi risposero e aiutarono quei giovani dall’appetito robusto con alimenti e simpatia. Il “campo” aveva come centro una vecchia casa colonica, in cui vi si cucinava e dormiva; fuori, la doccia, i bagni, i lavabi… L’igiene era relativa, le strutture sanitarie attuali avrebbero qualche osservazione… ma l’aria che si respirava era magnifica! I ragazzi fissi erano circa 50, ma ogni giorno se ne aggiungevano altri, e chi viveva vicino facevano il “part-time”. In questo viavai si raggiungeva una media di 80 persone che cercavano, lavoravano, scartavano e suddividevano.
Alcuni di questi “ex ragazzi” hanno sentito il desiderio di rivedersi e di raccontarsi e si sono così, di recente, ritrovati a Collepepe. Molto tempo è passato; i capelli sono pochi e grigi; c’è chi è diventato ingegnere, chi medico, imprenditore, funzionario statale, impiegato, sacerdote e religioso. Chi può godere della compagnia dei nipotini e chi continua a “sfidare” la natura con coraggio. Ma ripensare a quei giorni, passati con altri sconosciuti “sbarbatelli”, fa riflettere sul loro coraggio e temerarietà. Li abbiamo rivisti sulle foto dal colore sbiadito, su un camioncino sgangherato, e la frase “Nulla è più pericoloso di chi non ha niente da perdere”, affissa su di un fianco, aveva lo scopo di scuotere le coscienze.
La rivolta studentesca del ’68 contagiava con i suoi messaggi visivi e orali; il mondo era diventato vecchio, egoista, sospettoso, intransigente e schiavo di divieti. Ed ecco che anche un campo per aiutare il popolo africano diventa l’occasione per protestare, conoscere e crescere. Ricordare quel settembre del ’73 in un piccolo paese, e lo sconquasso portato nel circondario, ci fa sorridere ma ci deve far soprattutto riflettere. Gli “ex ragazzi” ci dicono che non hanno dimenticato, che quei giorni hanno segnato in qualche modo la loro vita.
È stato bello rivedersi, riconoscersi! Pensare al passato, forse con un po’ di malinconia, ma sempre con la consapevolezza di aver lasciato tracce e segni nella propria e altrui esistenza.
Cosa successe
Dal 1° al 3 novembre, alcuni “ex ragazzi” hanno voluto con la presenza e l’amicizia ricordare dopo 40 anni la loro partecipazione al campo di lavoro promosso da Mani Tese a Collepepe nel ’73. Certo, nella tranquilla e sonnolenta Umbria di allora, quel “campo” creò qualche protesta e strumentalizzazione. Ci fu pure un’interrogazione parlamentare che chiedeva chiarimenti su quello che accadeva a Collepepe tra ragazzi e ragazze con la complicità del parroco! Mani Tese rispose e difese quei giovani a volte vivaci, ma coraggiosi e generosi. L’esperienza dei “vecchi giovani” deve poter lanciare un messaggio di pace e solidarietà anche ai ragazzi d’oggi.