Oggi, in Italia, uno dei compiti prevalenti al quale siamo chiamati è far scoprire ai giovani il disegno che Dio ha su di loro”. In un primo bilancio del XII Convegno nazionale di pastorale giovanile, “Crescere insieme per la vita buona”, il responsabile del Servizio nazionale (Snpg), don Nicolò Anselmi, ha individuato alcune priorità di questa specifica pastorale, a partire proprio dall’impegno vocazionale a cui va affiancato quello missionario. Si tratta di “essere presenti ovunque, per dare a tutti i giovani, in tutti gli ambienti, la possibilità di incontrare il Signore”. Altre due priorità individuate sono lo “stile della comunione, perché questo cammino non si può fare da soli” e “l’impegno nell’educazione, perché nel trovare la vocazione serve un processo pedagogico continuo”. Come raggiungere questi obiettivi? Don Anselmi ha indicato alcuni percorsi, come “l’educazione alla preghiera e all’eucaristia domenicale, l’ascolto della Parola di Dio, il sacramento della riconciliazione, la scelta di stare dalla parte dei più deboli, incoraggiare il protagonismo, la presenza dei giovani”. Per il responsabile Snpg quelli indicati sono elementi che possono entrare trasversalmente in “progetto educativo, che deve essere fatto a dimensione della comunità parrocchiale e in cui comunque i giovani non sono semplici destinatari ma i coautori di questo progetto. E una comunità adulta che vive nella fede, che è attenta ai giovani e cerca di aiutarli nel campo della vocazione è una grande risorsa di speranza per i ragazzi che vivono in questi tempi di crisi così difficili per loro”. Alle difficoltà attraversate oggi dai giovani, ha fatto riferimento il direttore della Caritas nazionale, mons. Vittorio Nozza. “Le nuove generazioni stanno pagando e hanno pagato uno dei prezzi più alti per la crisi economica – ha sottolineato, citando il Rapporto 2011 su povertà ed esclusione in Italia –. Molti giovani, soprattutto nel Sud del Paese, stanno scivolando nell’inattività prolungata e oltre due milioni di giovani non ricevono un’istruzione, non hanno un lavoro e hanno gli occhi chiusi sul futuro”. Padre Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee), ha aperto gli orizzonti sulla pastorale giovanile europea. Ha notato come “le manifestazioni degli ‘indignati’ in tutta Europa fanno vedere che è possibile muovere i giovani: quello di cui abbiamo bisogno, però, non sono dei giovani indignati, ma dei giovani impegnati”. Nella sua analisi, padre da Cunha ha notato che nel Continente “ci sono molte esperienze di giovani che danno il loro tempo per aiutare gli altri” e si è detto convinto che “esiste un’Europa di giovani cristiani”, fondamentali per la trasmissione della fede, perché “quando colui che cerca incontra un gruppo di ragazzi cristiani che testimoniano una vita attraente, capace di provocare la sua intelligenza e il suo cuore, è portato a seguirli e, col tempo, può fare esperienza dell’incontro personale con Cristo”. Certo, in Europa, ci sono dei problemi oggettivi come il secolarismo, la mobilità che può implicare la perdita delle proprie radici, e la crisi economica e la disoccupazione. La “pastorale – ha sottolineato – non può risolvere questi problemi. Può comunque accompagnare i giovani e aiutarli a trovare delle soluzioni”, e soprattutto può “ricordare in modo tangibile che Dio c’è e ci ama”.