Umbria da spartire?

Editoriale

L’Umbria è una regione piccola, con soltanto 92 Comuni… e allora potrebbe anche essere immolata sull’altare del sacrificio imposto dalla crisi economica. Regione di mezzo, senza sbocco sul mare, potrebbe essere spartita in quattro pezzi, secondo i quattro punti cardinali, un pezzo con la Romagna, uno con la Toscana, un terzo con il Lazio e il quarto con le Marche. Ognuno si può configurare i confini sulla cartina.Sembra un giochino da ragazzini di scuola primaria, ma in verità ancora prima della brillante idea… diciamo meglio: provocazione di Dario Galli, presidente della Provincia di Varese, già altri, della regione e di fuori, avevano prospettato la secessione di pezzi del territorio umbro. La motivazione addotta è sempre quella dell’esiguo numero di abitanti. Galli esemplifica dicendo che l’intera Umbria ne ha quanti la sua provincia di Varese. Ha fatto bene la presidente della Giunta regionale Catiuscia Marini a rispondere per le rime, rivendicando le ragioni e la ricchezza della nostra storia, affermando con felici espressioni che la nostra è “una regione che in tanti secoli ha contribuito e contribuisce alla stessa identità della nazione Italia. Lo ha fatto – ha aggiunto tra l’altro – con le sue donne ed i suoi uomini che hanno segnato nel profondo la stessa storia della cristianità, da san Francesco a san Benedetto, da Santa Chiara a Santa Rita”. Con analoghe argomentazioni si sono espressi anche altri. in un coro unanime al quale ci accodiamo volentieri. Rimane forse da dire che sarebbe opportuno ricordare le ragioni dell’essere una regione – e dello stare insieme con maggiore coesione – agli stessi abitanti dell’Umbria, spesso affacciati fuori dai confini e allergici a forme di cooperazione. Un esempio che è saltato all’attenzione dei media in questi giorni è quello della Sanità. Molti, troppi umbri scelgono prestazioni sanitarie fuori dai confini regionali, anche quando in Umbria potrebbero trovare servizi adeguati e forse anche migliori. La provocazione di Galli, quindi, può suonare come un richiamo ad alimentare e approfondire il senso della regionalità, che non esclude altre identità e appartenenze, ma che esiste ed è destinata a contare anche in futuro nella prospettiva del federalismo.