Un invito a “tutti gli Stati membri dell’Unione europea e al Consiglio d’Europa ad adoperarsi per una politica di immigrazione globale, coerente e trasparente, poiché la mancanza di questa politica crea gravi problemi che spesso ricadono sulle spalle delle comunità locali”: a rivolgerlo è stato l’11 maggio il gruppo di eminenti personalità dello stesso Cde nel rapporto Vivere insieme: conciliare diversità e libertà nell’Europa del XXI secolo, elaborato su richiesta del segretario generale Thorbjørn Jagland e presentato ad Istanbul da Javier Solana Madariaga durante la sessione del Comitato dei ministri. Il documento si sofferma sugli elementi che mettono a repentaglio il futuro dell’integrazione europea e indica 59 “proposte di azione” che Stati e istituzioni devono porre in atto affinché l’Europa rimanga uno dei luoghi “più sicuri, liberi, prosperi e umani del mondo”. I fattori di rischio. Soffermandosi sui “rischi specifici” che minacciano l’integrazione nel Continente, i nove Saggi indicano la diffusione dell’intolleranza, l’aumento di ostilità e discriminazione (soprattutto verso rom e immigrati) ma anche contro i cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana, il “crescente sostegno ai partiti xenofobi e populisti, la formazione di società parallele, l’estremismo islamico, la perdita di libertà democratiche, la presenza di una popolazione praticamente senza diritti”. Oltre a tracciare un bilancio, con riferimento ai principi della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, delle sfide poste in Europa dal risorgere dell’intolleranza e della discriminazione, il rapporto individua tra le ragioni di questi fenomeni “l’insicurezza derivante dalla crisi finanziaria del Vecchio Continente e la sensazione di relativo declino”, “l’immagine distorta” dell’immigrazione su vasta scala, gli stereotipi negativi sulle minoranze “veicolati dai mass media e diffusi nell’opinione pubblica”. Ulteriori cause sono da imputarsi alla “netta carenza” di una leadership “a livello nazionale o nelle istituzioni europee, in grado di ispirare fiducia attraverso una chiara visione dell’attuale situazione dell’Europa, del suo futuro”, e la proposta di “un’efficace e convincente strategia per conseguirlo”. Chi può cambiare le cose. Il Gruppo dei saggi individua anche i principali attori che potrebbero favorire un cambiamento dell’opinione pubblica: educatori, mass media, società civile, Chiese e gruppi religiosi, Comuni e città, Stati membri, organizzazioni europee e internazionali. Tra le 59 proposte di azione delineate nel rapporto, le prime 17 sono definite come “raccomandazioni strategiche” alle istituzioni europee e agli Stati membri. In questi principi-guida il Gruppo insiste sul fatto che, purché rispettino la legge, non si deve pretendere che gli immigrati “rinuncino alla loro fede, cultura o identità”. “Gli Stati – si legge ancora nel documento – hanno il diritto e il dovere di guidare e controllare l’immigrazione, ma le persone cui viene negato il diritto di entrarvi o rimanervi vengono in tale modo private di loro diritti umani fondamentali”. Di qui la richiesta “a tutti gli europei di trattare in modo equo e umano i migranti e i richiedenti asilo che arrivano in Europa”. Anche i Paesi “più lontani dalle aree di arrivo”, affermano ancora i nove Saggi, “devono essere disposti a giocare la propria parte in questo sforzo. Ciò richiede solidarietà e condivisione degli oneri da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa”. Politiche per il Mediterraneo. In particolare, si legge nel rapporto, “chiediamo a tutti i popoli d’Europa di mostrare solidarietà verso coloro che in altre parti del mondo, soprattutto in Medio Oriente e Nord Africa, stanno ora dimostrando in modo così coraggioso il proprio attaccamento ai valori universali di libertà e democrazia”. Dai Saggi anche la sollecitazione allo stesso Cde, all’Ue e all’Osce a “sviluppare politiche globali per il Mediterraneo meridionale e orientale, il Medio Oriente e i Paesi dell’Asia centrale, e per consentire loro, come e quando ne faranno richiesta, di beneficiare dell’esperienza e della competenza europea nella costruzione di società fondate sullo stato di diritto, la democrazia e i diritti umani”. Tra le “raccomandazioni specifiche” all’Ue, “fare pieno uso della prossima Comunicazione sull’integrazione della Commissione europea, nonché del summit Ue del giugno 2011, per dare un chiaro messaggio politico agli Stati membri”, e la richiesta di “elaborare una politica migratoria globale, con un solido quadro costituzionale e giuridico basato sul rispetto e la promozione dei diritti fondamentali, come richiesto nel Programma di Stoccolma e Piano d’azione per il periodo 2010-2014 e nella Strategia Europa 2020”. Il Gruppo è presieduto dall’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer, e comprende, oltre allo stesso Solana, Emma Bonino (Italia), Timothy Garton Ash (Regno Unito), Martin Hirsch (Francia), Danuta Hubner (Polonia), Ayse Kadioglu (Turchia), Sonja Licht (Serbia), Vladimir Lukin (Federazione Russa).