Con l’episodio dei due discepoli di Emmaus, l’evangelista Luca rivela, ancora una volta, le sue doti di narratore e di catechista. Egli scrive per una comunità cristiana, che, come noi, non aveva conosciuto fisicamente il Signore, né, forse, alcuno dei due discepoli, di cui si narra l’esperienza sconvolgente. Il suo racconto ha la struttura di una celebrazione domenicale: inizia con una liturgia della Parola, della durata di qualche ora di cammino, e si concluderà con la frazione del pane, il banchetto eucaristico, dove il Risorto si rivelerà, e scomparirà dagli occhi dei discepoli. Del resto così era sempre accaduto nel corso della storia: la presenza di Dio in Israele è sempre stata una presenza elusiva. Egli si mostra per un momento, poi rientra nel mistero, che l’uomo intuisce, ma non può scrutare.
Una presenza che lascia il segno e non si riuscirà più a dimenticare. L’inizio è molto semplice: due discepoli, uno di nome Cleopa – dell’altro non sapremo mai il nome -, erano probabilmente di ritorno dal pellegrinaggio pasquale a Gerusalemme. Uno sconosciuto, che si unisce loro, fu ritenuto anche lui un pellegrino di ritorno a casa. Il racconto ci informa che era Gesù risuscitato dai morti, ma i due non lo riconoscono, perché ai loro occhi era impedito di riconoscerlo. La conversazione si svolse intorno ai fatti del giorno, che il pellegrino sembrava ignorare. Qui il racconto rallenta. I due si fermano tristi e delusi, si stupiscono che non ne abbia sentito parlare: “Possibile che non hai sentito dire”…; poi lo aggiornano, sottolineando anche alcuni particolari della loro esperienza personale.
Dissero che avevano sperato che fosse lui il nuovo Davide, restauratore politico del regno di Israele. In realtà sono passati ormai tre giorni da quando lo hanno condannato a morte, ma non è successo niente di serio, a parte qualche fantasticheria di donne che hanno raccontato di aver avuto visioni di angeli. Da quel momento le cose cominciano a prendere un’altra piega. Il pellegrino sconosciuto, dal quale si aspettavano magari un po’ di solidarietà, li rimprovera senza mezzi termini per la loro testa dura, visto che non hanno capito l’unica cosa importante che c’era da capire in tutto l’Antico Testamento, che cioè “il Messia doveva patire tutte queste sofferenze per entrare nella sua gloria” (Lc 24,26). E lì per lì fece una sintesi di tutta la Bibbia, reinterpretandola alla luce degli avvenimenti narrati dai due. Intanto il viaggio andava avanti. Nei pressi del villaggio dove erano diretti, forse c’era un bivio: una strada andava verso le case, l’altra proseguiva. Lui fa come per proseguire. Forse salutò. Siccome si stava facendo buio, i due offrirono ospitalità al compagno di viaggio.
In Palestina la notte scende rapidamente; camminare così al buio è pericoloso. L’ospitalità è accettata. Arriva l’ora di cena. Si siedono a mensa. Lo sconosciuto compagno di viaggio “prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo dava loro” (24,30). In quel momento furono aperti i loro occhi e lo riconobbero. Era Lui. E scomparve. Colui che era stato fisicamente presente lungo la strada, improvvisamente diviene assente, ma misteriosamente presente dentro di loro, con una certezza nuova, inspiegabile, innegabile. Delusione e tristezza erano scomparse. Un’allegria incontenibile era entrata loro in corpo. Si domandarono come mai non gli era scoppiato il cuore, mentre discorrevano con lui lungo la strada. Nonostante i rischi del buio, “partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme” (24,33). Non era possibile tenersi dentro quella novità inaspettata, ritenuta impossibile fino a poco prima. Dovettero arrivare che era notte da un pezzo.
Trovarono i compagni riuniti al solito posto, che gridavano di gioia: “Veramente il Signore è risorto e si è fatto vedere da Simone” (24,34). Ai discepoli diretti di Gesù non fu facile credere, come non è facile per noi. La fede non è mai una faccenda facile; ma sempre possibile a Dio, che ne prende l’iniziativa, ci affianca nel cammino e infine si rivela al nostro stupore. Questo è accaduto ai due di Emmaus, ormai rassegnati a tornare alla vita di sempre, tristi, perché le cose erano andate diversamente da come si aspettavano. Questo era avvenuto anche ai loro compagni, bloccati dentro casa dalla paura. Questo continua ad avvenire a noi, tutte le volte che ci chiudiamo alla novità di Dio. La fede nel Risorto ci chiede apertura all’ascolto di Gesù che ci accompagna nel cammino della vita, spesso a nostra insaputa e attesa paziente che si riveli al nostro sguardo, mentre spezza il Pane con noi.