“Cosa direbbe oggi S. Ubaldo a una popolazione afflitta?”

Le parole del Vescovo alla celebrazione dell’anniversario della canonizzazione del Patrono, in vista della festa dei Ceri

Non solo devozione, spiritualità e tradizione, ma anche ansia e preoccupazione per il “ciclone” legato all’indagine della magistratura sull’ultimo quinquennio della vita politico-amministrativa. In una basilica di Sant’Ubaldo affollata, in un clima in cui una composta partecipazione ha lasciato spazio ad una riflessione che guarda all’insegnamento ubaldiano per riprendere slancio e superare le divisioni, la Chiesa e la comunità cittadina hanno celebrato (domenica 4 marzo) l’anniversario della canonizzazione del Patrono, pronunciata da Papa Celestino III il 5 marzo 1192. È una delle più importanti cerimonie di avvicinamento alla festa dei Ceri; coincide infatti con l’investitura del capodieci di sant’Ubaldo, Giovanni Barbetti, e conferma il profondo legame esistente tra il culto per il Protettore e la grande manifestazione folkloristica tradizionale. Momento centrale è stata la messa celebrata dal Vescovo e dall’emerito Pietro Bottaccioli. Nell’omelia mons. Ceccobelli, dopo un caldo invito a convertirsi “da una vita tutta rivolta a rincorrere i beni terreni, il potere, il prestigio, la fama, nell’illusione che tutto questo possa farci felici, dimenticando il fine ultimo della nostra esistenza”, ha fatto riferimento alle vicende giudiziarie che hanno coinvolto e travolto, pur nella dovuta presunzione di innocenza, i protagonisti della vita politico-amministrativa locale dell’ultimo quinquennio. “La nostra comunità – ha detto – è attraversata da una grande sofferenza; non c’è famiglia che non ne sia in qualche modo contaminata. Salendo con voi questa mattina, mi sono chiesto: cosa direbbe oggi Ubaldo ai suoi devoti così provati e afflitti? L’ho pregato e implorato e mi pare di poter dire a me e a voi: questo è tempo di silenzio, di meditazione, di rispetto, di misericordia, di vita sobria”. Richiamando l’episodio dell’adultera (“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”), ha aggiunto: “Non c’è nulla di più arduo che esercitare questa facoltà, soprattutto se lo si fa in maniera affrettata o approssimativa. E comunque la prudenza e la pìetas debbono sempre esserci compagne, perché tutti siamo soggetti all’errore e all’imperfezione; la fragilità e la debolezza sono le nostre compagne di viaggio”. Dopo aver fatto riferimento all’insegnamento ubaldiano, ha aggiunto a mo’ di auspicio: “Tante volte nella sua storia Gubbio si è trovata in frangenti più o meno gravi, ma sempre ha saputo ritrovare il suo equilibrio e la forza per rialzarsi”. Quindi l’augurio finale: “Coraggio! Confidando nella sua [di sant’Ubaldo] potente mediazione alziamo la testa e guardiamo in avanti e in alto, proviamo a scoprire quanto di buono e di bello c’è intorno a noi, proviamo a vedere cosa posso fare io per il bene del mio fratello, per il bene della mia comunità, per dare fiducia e speranza di un futuro migliore per i nostri figli. L’esempio del nostro Patrono ci stimoli alla misericordia e al perdono”. Infine, quasi ad affidare a ciascuno un compito ed un messaggio, ha rinnovato l’invito a “ricompattarsi, a percorrere la strada dell’unità, della solidarietà, della fratellanza, dell’amicizia, della ricerca del bene comune”. Al termine della messa, con un cerimoniale coordinato dal presidente della famiglia dei Santubaldari Ubaldo Minelli, Giovanni Barbetti, capodieci del cero di sant’Ubaldo il prossimo 15 maggio – presenti il primo e secondo capitano, Massimo Faremelli e Stefano Vagnarelli, i capodieci di san Giorgio e sant’Antonio, Luca Alunno e Fabrizio Monacelli -, ha ricevuto tra gli applausi le “insegne” da Massino Morelli, capodieci dello scorso anno. Una pergamena ricordo con la reliquia del Patrono è stata consegnata a capitani e capodieci.

AUTORE: Giampiero Bedini