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Convegno sul tema “I cattolici e l’Unità d’Italia” promosso dall’Ordinariato militare per il 150° anniversario della nazione

Un convegno sul tema “I cattolici e l’Unità d’Italia” è stato promosso nei giorni scorsi dall’Ordinariato militare in Italia, a Roma, per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Sono intervenuti lo storico della filosofia, accademico dei Lincei, Fulvio Tessitore, e il direttore dell’Osserva-tore Romano, Gian Maria Vian. Ha moderato Luca Collodi, caporedattore di Radio Vaticana. Ha introdotto i lavori l’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, ricordando il capitano Massimo Ranzani, ucciso in Afghanistan. “Nei militari impegnati in missione di pace all’estero vedo la nostra nazione – ha detto mons. Pelvi -. Il loro messaggio è guardare avanti con fiducia, per costruire un domani migliore”.Senso di appartenenza comune. “La ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia è una felice occasione per un nuovo innamoramento della nostra nazione, consapevoli di essere cittadini europei e appartenere ad una sola famiglia umana nel mondo”, ha continuato mons. Pelvi. La Chiesa è stata ed è “sempre vicina all’Italia, nelle complesse stagioni della vita” di una “lunga storia d’Unità, più e prima dello Stato unitario”. L’Italia non fu“un’invenzione” del 1861, ma “in quella data si compì politicamente una nazione che dal punto di vista geografico, linguistico, religioso, scientifico e artistico, era da secoli in cammino verso l’unità e condivideva una sola identità culturale e spirituale. L’Italia può contare sulla Chiesa, sulla sua missione, sul suo spirito di sacrificio e la sua volontà di dono”, ha concluso l’arcivescovo. Infatti, “una Chiesa profetica e pedagogica è di aiuto e conforto per un nuovo confronto tra religiosi e laici sui valori e le istanze comuni, con un sentimento di appartenenza condiviso, che va aldilà del patriottismo”.“Più volte i diversi Pontefici hanno chiamato l’Italia ‘amata Patria’”, ha ricordato Luca Collodi. Certo, “non sono mancati dissidi in questa lunga storia di stretti legami”, ma “essi non hanno impedito l’impegno fondamentale dei cattolici alla costruzione culturale ed economica, civile e morale, dell’Italia”, più volte riconosciuto, tra gli altri, dal capo dello Stato Giorgio Napolitano. L’Osservatore Romano nacque per “difendere il Papa aggredito, il 1° luglio 1861, e quindi, politicamente contro l’Unità d’Italia”, ha rammentato Gian Maria Vian. Tuttavia, non stupisce che “proprio i cattolici siano oggi i più grandi sostenitori del 150° dello Stato unitario”. Infatti, “l’identità italiana è inestricabilmente intrecciata con la fede cattolica ed è incomprensibile senza il cristianesimo”. E poi, “pur nascendo principalmente da anticlericali, l’Unità fu realizzata con i cattolici in prima linea”. Inoltre,“la presenza della Santa Sede sulla Penisola è antichissima, risale al primo secolo della cristianità, a Pietro e Paolo”. Il “potere imperiale”, ha precisato Vian, “non fu cercato per se stesso, ma per difendere la Chiesa cattolica e il Pontefice dopo il trasferimento della sede imperiale a Costantinopoli”. Il direttore del quotidiano vaticano ha poi ricostruito, in un puntuale excursus, la storia della Santa Sede in rapporto a “una unità d’Italia che precede la sua formalizzazione” e che ha condotto, dal Trecento fino al Risorgimento, con Vincenzo Gioberti, pure all’ipotesi di “un primato del Papa in uno Stato italiano”. In conclusione, “il processo di unificazione italiana è molto lungo, risale all’antica Roma ed è ancora in corso”. Una nazione sfaccettata. Per Fulvio Tessitore, l’Unità d’Italia è “una realtà complessa e problematica”, come testimonia la “lunga storia letteraria”, che risale a Dante e Boccaccio, con i quali “già si affermava il topos della decadenza italiana, in un doloroso convincimento che si è mantenuto nei secoli, prima che l’Italia fosse formalmente unita e fino ad oggi”. Ancora nel 1963, Pier Paolo Pasolini, ha ricordato Tessitore, dichiarava: “Sai cosa mi sembra l’Italia? Un tugurio”. Dunque, “affrontare il tema dei valori dell’Unità significa inoltrarsi in una questione dalle infinite sfaccettature”, storiografico e concettuale, per “una valutazione del Risorgimento e dell’Unificazione”. In fondo, “una sola è la domanda: che vale l’Italia?”. La risposta è che “la ricchezza dell’Italia unita è proprio nella sua complessità”. Infatti, “per collocazione geografica e per forma fisica, l’Italia ha una permeabilità culturale, che ha significato facilità di adattamento e di assimilazione, mobilità di spirito e propensione al cambiamento, anticlericalismo e insieme intensa religiosità”. L’Italia “è un Paese pluricentrico, lo Stato delle cento città”, con “una pluralità di culture e di etiche, che non sono un danno, ma un dono. La cultura italiana è unitaria senza omologazioni, in una unità di parti interagenti, in una dimensione sistemica complessa – ha affermato ancora Tessitore. – La ricchezza di questa nostra storia e identità complessa appare ancora oggi nella sua evidenza, che siamo chiamati ad una nuova assimilazione, in una sola nazione europea”.

AUTORE: Emanuela Bambara