Premio intitolato alle vittime di Campello

Per il disastro della Umbria Olii, che costò la vita a quattro operai, si aspetta ancora la giustizia

“Tornare a casa dal lavoro” è il tema di un premio giornalistico indetto in ricordo delle quattro vittime della esplosione dei silos della Umbria Olii avvenuta il 25 novembre 2006 a Campello sul Clitunno. Quattro anni dopo, il processo al tribunale di Spoleto per fare luce sulle responsabilità, tra eccezioni e ricorsi, arranca faticosamente. La prima udienza si era svolta un anno fa, alla vigilia del terzo anniversario del grave incidente, e 12 mesi dopo la sentenza di primo grado appare ancora lontana. Poi potrebbero esserci l’Appello e magari anche la Cassazione. “Vogliamo che questo processo finisca in fretta, sono già passati quattro anni e mi sembra come se sia successo ieri” ha detto Fiorella Coletti, la moglie di Giuseppe, una delle vittime, che nei giorni scorsi è intervenuta a Campello sul Clitunno alla presentazione del premio giornalistico. Era presente anche il sindaco Paolo Pacifici, che ha denunciato i tempi “troppo lunghi” di una giustizia “esigenza di tutti”, ed ha invitato stampa ed opinione pubblica a “non distogliere l’attenzione” da vicende come quella della Umbria Olii. In Italia quello della sicurezza nei luoghi di lavoro è sicuramente uno dei temi all’ordine del giorno nel dibattito politico, ma spesso si esaurisce in enunciazioni: nella denuncia della rilevanza del fenomeno (“Ancora troppi gli incidenti!”) e nel sostenere l’esigenza di introdurre norme antinfortunistiche ancora più severe. Parole, perché le norme sono anche troppe ed i controlli pochi. Basta guardarsi un po’ intorno passeggiando nelle nostre città: quanti cantieri, quante impalcature con operai senza casco al lavoro! Siamo ancora ai tempi delle “gride” manzoniane e degli “azzeccagarbugli”. È il problema del “sistema Italia”, di un Paese dove per avviare una impresa ci vogliono circa 5.000 euro e 62 giorni di scartoffie (negli Stati Uniti bastano 170 dollari e 4 giorni) ed un contenzioso per un assegno a vuoto dura mediamente 645 giorni (in Olanda ne bastano 39). Il rapporto Doing business della Banca mondiale per l’efficienza della giustizia colloca l’Italia all’80° posto tra 183 Paesi, dopo Zambia, Mongolia, Ghana e Ruanda. In materia di libertà economica l’ultima classifica del Wall Street Journal ci colloca al 74° posto, dietro al Botswana, uno stato dell’Africa del Sud ai più sconosciuto. Il rapporto annuale dell’Inail del 2009 sugli incidenti del lavoro in Umbria offre anche dati positivi: nel complesso sono diminuiti del 10,6 per cento rispetto all’anno precedente. Non è stato però così per quelli mortali (17, uno in più del 2008) e per le malattie professionali aumentate del 7,4 per cento. Il problema della sicurezza sul lavoro non si esaurisce però nell’elencazione di numeri che comunque restano gravi: in Italia ogni giorno, feste e domeniche comprese, tre persone muoiono nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi. Incidenti – ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della 60a Giornata nazionale per le vittime sul lavoro – causati da “inammissibili superficialità e gravi negligenze nel garantire sicurezza ai lavoratori”. È giusto sensibilizzare di più imprenditori e lavoratori, ma bisogna soprattutto intensificare e rendere più incisivi i controlli e combattere, non solo a parole, il lavoro nero che è una delle maggiori emergenze del nostro Paese. La legislazione attuale forse può essere migliorata, ma il problema vero è il rispetto e l’applicazione delle norme vigenti. A Perugia nei giorni scorsi si è svolto un seminario, al quale hanno partecipato anche rappresentanti delle forze di polizia e degli organismi preposti alla vigilanza, proprio sul problema della applicazione delle norme antinfortunistiche. Una iniziativa sicuramente utile per quella che il presidente del Consiglio regionale Eros Brega ha definito “una battaglia senza colore, in cui tutti devono essere coinvolti”. Non è solo una battaglia per la legalità ma è una battaglia per la civiltà. Perché – come dice il tema del concorso in ricordo delle quattro vittime di Campello i cui familiari attendono ancora giustizia – “tornare a casa dal lavoro” sia un fatto normale per tutti.

AUTORE: Enzo Ferrini