Iraq, esplode l’ira anticristiana

Il 31 ottobre si è avuto a Baghdad il più feroce attacco contro una chiesa, con decine di vittime. La situazione dei cristiani sta diventando insostenibile

Cristiani ancora nel mirino in Iraq, e questa volta il livello della violenza ha toccato punte fino ad oggi mai raggiunte. Uomini armati, definitisi membri del gruppo dello Stato islamico dell’Iraq, organizzazione legata ad Al Qaeda, verso le 18.30 del 31 ottobre sono penetrati dentro la chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad prendendo in ostaggio decine di fedeli che assistevano alla messa e alcuni sacerdoti. Il commando, in una telefonata all’emittente televisiva Al-Baghdadiya ha chiesto il rilascio di tutti i prigionieri di Al Qaeda in Iraq e in Egitto. Secondo la ricostruzione fornita dalle autorità, i terroristi hanno provocato almeno un’esplosione e hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza prima di prendere in ostaggio i fedeli. A cadere subito sono state alcune guardie all’esterno della chiesa, una bambina e due sacerdoti, padre Thair Sad-alla Abd-al e padre Waseem Sabeeh Al-Kas Butrous. Un terzo sacerdote, Rufail Qutaimi, verserebbe in gravi condizioni. A porre fine all’attacco è stato un blitz delle forze dell’ordine irachene coordinato dal generale Ali Ibrahim, il comandante della polizia federale nella zona sud-orientale della capitale irachena. Per un portavoce militare, le forze di sicurezza avrebbero “avuto la meglio” sui terroristi, ma si contano più di 20 morti e numerosi feriti. Per la Bbc, invece, i morti sarebbero 37: 25 ostaggi, 7 soldati iracheni e 5 terroristi. A stigmatizzare l’attacco dei terroristi è stato subito il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni che, a Baghdadhope, ha parlato di “una grande sciagura, una cosa ingiusta ed incosciente. Preghiamo perché Dio illumini le menti ed i cuori dei terroristi, che dovrebbero pensare al bene della gente, delle proprie famiglie, e non seguire queste vie che non sono le vie di Dio ma quelle del demonio”. Non è invece ancora rientrato in Iraq il vescovo siro cattolico di Baghdad, mons. Matti Shaba Matoka, che nei giorni scorsi aveva partecipato al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Nelle loro proposizioni finali i Padri sinodali avevano espresso in diversi punti la necessità di pace, riconciliazione e rispetto. In particolare nella propositio n. 5, in cui si parla della “condivisione della croce”. In essa si legge testualmente: “Pur denunciando come ogni uomo la persecuzione e la violenza, il cristiano ricorda che essere cristiano comporta la condivisione della croce di Cristo… Il cristiano si ricorda la beatitudine dei perseguitati a causa della giustizia che avranno in eredità il Regno (cf. Mt 5,10). La persecuzione tuttavia deve destare la coscienza dei cristiani nel mondo a una più grande solidarietà. Essa deve suscitare parimenti l’impegno a reclamare e a sostenere il diritto internazionale e il rispetto di tutte le persone e di tutti i popoli. Occorrerà attirare l’attenzione del mondo intero sulla situazione drammatica di certe comunità cristiane nel Medio Oriente, le quali soffrono ogni tipo di difficoltà, giungendo talvolta fino al martirio. Occorre anche chiedere alle istanze nazionali e internazionali uno sforzo speciale per mettere fine a questa situazione di tensione ristabilendo la giustizia e la pace”. Parole che, mai come oggi, suonano profetiche. Quello del 31 ottobre è stato in assoluto il primo attacco diretto ad una chiesa, con presa di ostaggi, in Iraq. I cristiani rimasti in Iraq oggi sono circa 400.000; circa un milione hanno lasciato il Paese a causa delle persecuzioni, della violenza e dell’instabilità.

AUTORE: Daniele Rocchi