Invidia doc

Abatjour

Tra i cardinali recentemente creati (si dice così, “creati”!) da Benedetto XVI c’è anche Fortunato Baldelli. Se glielo chiedessi, sicuramente mi garantirebbe la partecipazione alla cerimonia dell’imposizione della berretta cardinalizia (si dice così?). Ma non glielo chiederò. Lui per me è l’amico fraterno di tutta una vita, da quando, nel 1953, arrivammo insieme al Seminario regionale, lui da Assisi, io da Gubbio, a quando, neo-sacerdoti implumi, nel 1961 lasciammo il Laterano. Nel frattempo s’era unito a noi Pierluigi Rosa. Anni bellissimi, anche se la regola ci obbligava a darci del “lei”. Non ci siamo mai persi di vista. Ma non ci sarò il giorno del suo ingresso nel Sacro Collegio. Perché? Sono stato assente anche alla sua consacrazione episcopale, come a quella di Francesco Canalini e Francesco Marinelli, anch’essi compagni di corso. Perché? Per invidia, per pura invidia doc. Ma anche perché tanta volte mi sono chiesto: come mai chi si dedica alla carità nella Chiesa non fa mai carriera? Come mai un direttore diocesano Caritas non diventa mai vescovo? Ne conosco un paio (Virgilio Colmegna a Milano e Vinicio Albanesi a Fermo) che lo farebbero benissimo, il vescovo. Non ditelo in giro, ma a volte tentai anche io di intrufolarmi nel gruppo dei giustamente delusi; me ne dissuase un leggero esame di coscienza, talmente leggero da non sfondare nemmeno la pellicola protettiva della mia sinderesi. Però mi pare che nessuno degli umbri che in tempi recenti sono stati designati a governare una diocesi (Grandoni, Chiaretti, Chiarinelli, Buoncristiani, Bottaccioli, Betori, Reali, Sigismondi…) sia mai stato direttore diocesano Caritas. A livello nazionale, poi… Al termine di questo o quel convegno vedemmo i vari Nervo, Pasini, Nozza, uscire con in mano una valigetta larga e piatta, e pensammo: lì dentro c’è la mitra, e il pastorale (a pezzi, come tante altre nostre realtà ecclesiali) che useranno nella prossima ordinazione episcopale. Niente. Dentro c’erano un paio di cambi di biancheria personale non utilizzati. Altrettanto chiara mi si poneva la domanda quando, a Marore di Parma, nelle comunità di don Valentini, partecipavo al “Gruppo Chiesa” del Cnca. Ascoltavo storie molto belle, commenti molto profondi, e mi chiedevo: “Qualcuno di questi splendidi confratelli diventerà mai vescovo?”. Nessuno, mai. Azzardo: la funzione di chi nella Chiesa si dedica alla carità è quella dei bei vasi dello scaffale più alto nelle farmacie: “Sono vuoti, ma sevono a dar lustro alla bottega” (Manzoni).

AUTORE: a cura di Angelo M. Fanucci