Chi era Pilato? Me ne lavo le mani

l’editoriale

Un’insegnante di lettere molto colta mi scrive preoccupata perché, all’oratorio dove va a a fare qualche lezione di ripetizione, un giovane del terzo superiore, “bene educato, corretto, di aspetto piacevole, italianissimo, più o meno cattolico”, ripassando un testo letterario in cui è nominato Pilato non sapeva chi fosse e non voleva neppure saperlo perché “la prof a lezione non lo aveva spiegato”. Svolge poi altre riflessioni prospettando l’idea che forse stanno scomparendo le tracce della fede che un tempo era comune tessuto di conoscenze e valori. Cita anche l’espressione di filosofo secondo cui la Chiesa oggi assomiglia ad un tappeto sul quale ognuno continua a fare il suo ricamo tanto da coprire quello originario. Chi legge potrà dire: con tutto quello che accade nel mondo di tragedie e di minacce, da quelle della natura al terrorismo, alle guerre tra popoli e fazioni, Pilato o il tappeto che c’entrano? Ed inoltre si legge nei quotidiani, pagine regionali, che un operaio perde il lavoro e tenta il suicidio, un altro vuol vendere gli organi per mangiare, ed ancora la Russia compra armi per 613 miliardi di dollari (Osservatore Romano 6 ottobre) e cifre simili sono spese da tutti gli Stati. Si potrebbe continuare nella triste descrizione. Eppure Pilato c’entra, perché è il simbolo del disimpegno di chi vuole essere lasciato in pace e si lava le mani, e soprattutto perché la conoscenza, in particolare la conoscenza storica, classica, religiosa, biblica, evangelica, della tradizione e dell’insegnamento della Chiesa è alla base dell’educazione e della formazione delle coscienze. All’inizio di un anno di scuola e di catechesi nelle parrocchie e oratori, sembra opportuno un richiamo sia nel nostro ambito immediato, sia a coloro che hanno potere in ambito più generale, a non dimenticare che alla base della democrazia e della buona vita sociale c’è la preparazione morale, che suppone una bagaglio di conoscenze che – passando per la mente – giungano al cuore e formino la luce della coscienza per scelte e azioni rette e giuste. Un richiamo ai “maestri” di tutti i livelli d’insegnamento perché non diano niente per scontato, neppure i dieci Comandamenti. Essi rivestono un ruolo decisivo. Si racconta nella letteratura rabbinica che il Signore, quando uno si presenta a lui nel giudizio finale, la prima cosa che gli domanda è questa: “Chi hai avuto per maestro?”. Un vescovo ha raccontato che in una classe di ragazzi del catechismo per prepararsi alla cresima ha chiesto: “Allora, cosa avete imparato? Chi è Gesù?”. Grande imbarazzo, nessuno parla, forse per la soggezione di fronte al vescovo, anche se si dice che i ragazzi d’oggi sono disinvolti. Alla fine uno di loro si fa coraggio e risponde: “Un grand’uomo”. Il programma dei Vescovi italiani per il prossimo decennio pastorale sull’educazione non poteva essere più indovinato. Molte questioni che riguardano il rapporto fede e scienza sono frutto di cattiva fede in altissimo luogo e di ignoranza nei commentatori nostrani (vedi p. 7 circa il Nobel per la procreazione artificiale)… Pilato ebbe almeno il “coraggio” di dire contro tutti: “Non trovo in lui nessun motivo di condanna”.

AUTORE: Elio Bromuri