Le letture di questa domenica suggeriscono riflessioni in varie direzioni, a partire dal tema della fede soprannaturale, della quale l’autore della Lettera agli Ebrei ci dà una una definizione concisa e illuminata: è il “fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”. Papa Benedetto nell’enciclica Spe salvi (nn. 7-9) ne fa un’esaustiva esplicazione teologica: il Dio della nostra fede, che ha operato prodigi in passato (la liberazione di un “piccolo gregge” dalla schiavitù di Egitto), certamente opererà in futuro per il “piccolo gregge” dei discepoli di Gesù. Del resto, la fede naturale è il liquido amniotico in cui si svolge e si sviluppa la nostra vita umana; la esercitiamo sempre e dovunque: nel credere al barbiere che ti fa la barba, al commerciante che ti propone prodotti da acquistare, al maestro che ti accoglie a scuola, agli orari del bus, a tutto. Se non avessimo fede negli altri, non ci sarebbero relazioni umane né sviluppi culturali né vita associativa.
Da questa fede naturale prende il via anche la fede soprannaturale, che è dono di Dio a chi lo ricerca con sincerità e costanza, partendo dalla fiducia in Dio e nella sua rivelazione, per diventare via e strumento di conoscenza ulteriore della quale abbiamo egualmente bisogno per dare una risposta ai tantissimi “perché” della vita e trovare un senso soprattutto per la sofferenza. È da questa fede, dono di Dio che va oltre l’esperienza e la conoscenza solamente umana, che giunge a noi conoscenza di verità ulteriori, per le quali possiamo penetrare nel profondo mistero di Dio e trovare in lui verità piena e consolazione. È una fede permeata di speranza, dice il Papa. “Il fatto che questo futuro esista cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future” (Spe salvi, n.7).
Giunge allora a proposito il monito di Gesù: “Siate pronti!”, com’è sempre pronto e vigile il servo di turno in attesa del suo signore. Ogni passaggio di Dio nella nostra vita umana è per noi grazia: sono i diversi “eventi” della vita, ora gioiosi ora di sofferenza, ora entusiasmanti ora carichi di preoccupazioni; ma sempre eventi di salvezza. Fino all’ultimo Suo passaggio, quando si cambierà percorso ed entreremo in casa, quella vera, nella casa di Dio “che solo amore e luce ha per confine”. Per noi oggi si tratta di sapere dov’è il nostro tesoro, e cioè in chi o in che cosa abbiamo riposto la nostra fiducia: là sarà, certamente, anche il nostro cuore. Se è riposto in Dio, fine ultimo del nostro cammino esistenziale, allora è più facile liberarci in vita di tanta zavorra che impedisce il volo dell’anima, e sapremo vendere anche le nostre pseudo-ricchezze e dare il ricavato ai poveri, investendo così i nostri tesori nella banca del cielo, dove si lucra il centuplo e dove non ci sono personaggi dell’alta finanza che imbrogliano le carte e gettano sul lastrico tanta povera gente.
Il miglior investimento dei nostri tesori, quali che siano, è perciò quello di darli in beneficenza ai poveri, investendo così in fondi sicuri “dove i ladri non arrivano e le tignole non consumano”. E la ragione è sempre quella: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”. Per questo “chi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo (Lc 14,33). Tutto questo interessamento di Gesù per le ricchezze non significa che Gesù sia ostile di principio verso il denaro (lo ha usato anche lui per pagare le tasse), ma è ostile verso l’accumulo sempre più smisurato, per cui il denaro diventa idolo, venerato al punto da immolare i poveri come vittime, e in questo culto perdervi l’intelligenza, il buon senso, la vita. Il denaro, come ogni ricchezza – anche spirituale – che possiamo avere, è strumento, occasione, mezzo per vivere noi e gli altri con sobrietà e buon senso. Facciamoci quindi degli amici con questi mezzi, perché nel Giorno della giustizia possano aiutarci a mitigare la severità del Giudice, ed anzi ad accaparrarcene il favore.
Queste rapide riflessioni sulle ricchezze in mano ai cristiani ci aiutano ad essere generosi verso chi tende la mano per bisogno. Ci esorta san Gregorio di Nissa: “Considerate bene chi sono i poveri nel Vangelo e scoprite la loro dignità: essi hanno indossato il volto del Signore. Nella sua misericordia Gesù ha donato loro il suo proprio volto”. Dicendo questo, intendiamo parlare di persone bisognose e delle opere di carità nella nostra Chiesa locale, ed anche di belle iniziative assistenziali del volontariato nel vasto mondo.