“Diversamente credenti”. Chi?

l’editoriale

In un incontro svolto il 30 luglio scorso a Chianciano nel quadro di una sessione ecumenica, un ebreo, un protestante, un musulmano e un cattolico si sono confrontati sul tema “Sotto la tenda di Abramo”. Il senso dell’espressione si rifà ovviamente alla Bibbia, libro della Genesi 18, 1-15. Un testo stupendo che esalta l’accoglienza e l’ospitalità di Abramo. Siccome – per ragioni storiche e religiose diverse – ebrei, cristiani e musulmani si ritengono debitori della fede di Abramo e continuatori del suo esempio, in questo incontro ecumenico si voleva verificare se oggi abbiamo in comune, come discendenti di Abramo, un atteggiamento di vicendevole accoglienza, sentendoci metaforicamente insieme sotto la stessa tenda del padre di Isacco e Ismaele, e padre della nostra fede. Su tale argomento ci sarebbe molto da parlare. In questo momento storico mi sembra opportuno notare una novitàda trasmettere ai lettori de La Voce: il rappresentante della religione islamica, Ezzedin Elsir, imam di Firenze e presidente dell’Ucoi, ha affermato che non si deve più parlare di infedeli ma di “diversamente credenti”. Ha detto proprio così, l’ho sentito con le mie orecchie. Non ci sono più da una parte i musulmani e da un’altra gli infedeli, dichiarati tali con disprezzo. Questi devono essere considerati credenti che seguono una diversa religione: “diversamente credenti”. L’affermazione è stupefacente e singolare perché il libro sacro della fede musulmana, il Corano, è pieno del termine “infedeli” e perciò indica una cambiamento di rotta. Ci si può legittimamente domandare se quanto afferma il presidente dell’Ucoii rappresenti una captatio benevolentiae, rivolta agli uditori, oppure un modo per accattivarsi simpatia e considerazione di modernità e tolleranza, oppure una parola convinta e sincera, una convinzione personale forse non condivisa da nessun altro musulmano. Un segno dei tempi? Una forma di dissimulazione? Un tentativo di lettura modernista del libro sacro dell’Islam? Lascio a chi legge di riflettere e giudicare. Penso, comunque, che meriti mettere a confronto una simile posizione con quanto è avvenuto nella storia cristiana più recente, in cui non si usano più termini “eretico, scismatico, apostata, rinnegato, pagano” o simili, e nei confronti dei non credenti si usano termini rispettosi e tolleranti o almeno non offensivi della persona. Su questa linea si può leggere quanto ha detto Benedetto XVI in alcuni interventi, nel dicembre 2009 e nel maggio scorso, quando ha evocato il “cortile dei Gentili”, nel quale ritiene che possano stare coloro che, pur non credendo, non sono lontani dalla presenza di Dio. Il discorso vuole essere un’apertura alla comprensione, al dialogo, al rispetto e alla riflessione, per una conoscenza di sé e degli altri sempre più completa. La comprensione e quindi la pace incomincia dalle parole, se sincere.

AUTORE: Elio Bromuri