Per una buona prassi della Giustizia umbra

Intervista al presidente della corte di Appello di Perugia, De Nunzio

Wladimiro De Nunzio è stato nominato presidente della corte di Appello di Perugia il 30 giugno 2010. Il 28 gennaio ha svolto la relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Con lui parliamo dello stato del sistema giudiziario in UmbriaCosa l’ha portata a scegliere l’Umbria e la nostra città per viverci con la sua famiglia? “Dopo aver conosciuto il sistema amministrativo ‘asburgico’ nei primi anni di servizio nel Trentino, ordinato ed efficiente, ho individuato, col sostegno entusiastico di mia moglie, Perugia come la città ideale ove vivere e far crescere serenamente le figlie. L’apertura culturale che veniva dalle università, l’organizzazione sociale con forte senso civico, la correttezza nelle relazioni, la qualità dei servizi pubblici rappresentavano e rappresentano valori che non possono non attrarre e legare”. Nella sua relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012 del 28 gennaio, ha esordito ricordando che la giustizia civile rappresenta elemento decisivo per la competitività del Paese, mentre la sua inefficienza è un grave danno per la stessa, quantificato dalla Banca d’Italia pari a un punto di Pil. La creazione del “Tribunale delle imprese” recentemente decisa dal governo Monti, può a suo giudizio costituire uno strumento utile per accelerare lo smaltimento dell’arretrato e ridurre i tempi di giudizio dei nuovi procedimenti? “Valuto con favore l’intento del legislatore di concentrare su un giudice specializzato controversie di particolare complessità per velocizzare le procedure. Però la prevista concentrazione solo su dodici tribunali rischia di creare notevoli difficoltà per le imprese aventi sede in territori nei quali gli stessi non sono previsti. Credo, quindi, che sia preferibile optare per la concentrazione delle controversie presso il tribunale di ogni capoluogo del distretto. Il che, guardando all’Umbria, consentirebbe alle imprese di rivolgersi al tribunale di Perugia e non a quello di Firenze”. Lei ha detto che rispetto alle criticità evidenziate lo scorso anno, pur perdurando pesanti vuoti di organico, si è registrato nel distretto un diffuso contenimento, frutto soprattutto di un forte impegno del personale amministrativo e dei magistrati togati e onorari. Quale ulteriore contributo può venire dal potenziamento dei piani di sostegno per i servizi amministrativi attraverso le convenzioni con le Istituzioni locali da lei citate nella relazione? “Si devono ottimizzare le risorse materiali e di personale che risultano, però, sempre più scarse ed è sempre più difficile il soddisfacimento dei servizi. Occorre, quindi, ricercare un sostegno esterno. Ho rappresentato che l’amministrazione giudiziaria incide sullo sviluppo del territorio e ho constatato, con soddisfazione, che più enti territoriali hanno deciso di offrire un contributo, comprendendo che esso più che un costo va considerato una spesa di investimento per migliorare il servizio giustizia nell’interesse della comunità. Sono state, quindi, stipulate convenzioni con la Regione e le Province che stanno portando negli uffici cassintegrati e giovani laureati non occupati, per un periodo di formazione. Queste collaborazioni, però, poiché sono necessariamente temporanee, non possono coprire il vuoto lasciato dal personale dipendente che va in pensione. Vuoto che si traduce in perdita di esperienze e professionalità preziose per l’istituzione, che non possono essere trasferite alle nuove generazioni per il blocco dei concorsi per i ruoli amministrativi. Ed è triste, in presenza di una forte disoccupazione giovanile, dover interrompere i percorsi formativi attivati, dopo aver registrato l’entusiasmo, l’applicazione e la preparazione di base, anche informatica, dei giovani stagisti ed aver constatato il raggiungimento, con l’ausilio di validi tutor, di un buon livello di formazione con acquisizione dei saperi relativi ai diversi servizi giudiziari”. Sempre nell’ottica di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del servizio giustizia, lei ha costituito il Coordinamento dei presidenti delle corti di Appello per analizzare le buone prassi e fare proposte organizzative e semplificative ed un Tavolo permanente sulla giustizia in Umbria, con la partecipazione dei parlamentari eletti nel territorio. Sono già emerse ad oggi proposte concrete da questi organismi? “Sì. Sebbene da poco attivato, il Coordinamento dei presidenti delle corti di Appello, sta già dando i primi frutti attraverso un intenso scambio telematico di buone prassi adottate nei singoli uffici, di quesiti tecnici posti dai nuovi interventi normativi e di informazioni sulle criticità dei distretti. Anche il Tavolo sulla giustizia con i parlamentari sta dando frutti positivi. Riflettere insieme sul servizio (o disservizio) erogato dagli uffici del distretto può consentire di realizzare una unità d’intenti tra tutte le rappresentanze politiche territoriali sulle iniziative, anche legislative, da portare avanti per risolvere problemi altrimenti non superabili. Sono state avviate puntuali iniziative parlamentari e significative convergenze che fanno ben sperare”. Lei sta dedicando un attenzione particolare all’utilizzo della tecnologia come leva per il cambiamento e supporto all’organizzazione ma nel contempo ha evidenziato anche che le risorse umane sono il vero asset strategico di qualsiasi organizzazione invitando i dirigenti a stimolare incontri che coinvolgano tutti gli addetti all’ufficio, magistrati e amministrativi, a qualsiasi livello, perché tutti sono in grado di dare un utile contributo e perché si sentano concretamente partecipi e responsabili di un progetto trasferibile in scelte decisionali. Questo metodo di lavoro mutuato dalle aziende private, sta favorendo il gioco di squadra all’interno degli uffici giudiziari e sta portando risultati? “Già da tempo i capi degli uffici, secondo indicazioni del Csm, promuovono incontri con i vari magistrati per approfondire tematiche organizzative, normative e interpretative. La linea operativa, sulla quale mi sono soffermato nella relazione, prospetta, col conforto degli studi di management, un quid pluris e cioè il coinvolgimento nelle riunioni di tutti gli addetti all’ufficio, magistrati e amministrativi, a qualsiasi livello, perché tutti hanno accumulato, con l’esperienza lavorativa, un patrimonio di conoscenze e sono in grado di dare un utile contributo per il miglioramento del servizio”. Presidente, lei ha concluso la sua relazione ringraziando tutte le categorie professionali, comprese le rappresentanze sindacali e le forze dell’ordine, per aver contribuito al funzionamento della macchina giudiziaria e nel corso della cerimonia ha dato la parola anche al sindaco Boccali, dimostrando la sua volontà di una stretta integrazione tra l’amministrazione della giustizia e la comunità in cui opera. Il senatore Ronconi ha definito questa iniziativa “singolare e probabilmente inopportuna”, considerandola una sorta di “commistione di ruoli”, perché avrebbe leso “il principio della separatezza tra politica e sistema giudiziario”. Cosa ci può dire al riguardo? “Mi dispiace che il sen. Ronconi non abbia colto la valenza positiva della prassi adottata. Il Csm ritiene che la natura delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario – che costituiscono un autentico momento di riflessione sui complessi temi della giustizia e di pacato confronto tra magistrati, avvocati ed esponenti delle istituzioni – imponga di superare gli stretti limiti delle categorie di coloro che, per legge, possono intervenire, consentendo la più ampia partecipazione della società civile. Sono convinto che un grande contributo al dibattito sui problemi concreti della giustizia e possibili suggerimenti possano venire anche dai rappresentati delle Istituzioni territoriali. Tanto più che il Comune è tenuto ad una serie di interventi materiali di sostegno alle esigenze degli uffici e la Regione e le Province sono invitate ad offrire un contributo di personale come prima ho ricordato. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura vengono assicurate, non da una formale ‘separatezza’ dalla politica, ma dal rispetto dei diversi ruoli e quindi da una visione alta dei valori della propria professionalità”.

AUTORE: Alberto Mossone