Comunità bisognose di protezione

Festa dei Ceri: le parole di mons. Ceccobelli e dell’Arcivescovo de L’Aquila mons. Molinari

L’insegnamento ubaldiano è ancora oggi il riferimento per l’azione e l’opera dei Vescovi. La recente edizione della festa dei Ceri, anche per la coincidenza con l’850° anniversario della morte e delle diverse iniziative che l’hanno preceduta, è stata l’occasione per richiamarne in maniera più intensa che nel passato il “messaggio”, facendo della manifestazione folkloristica e della successiva solennità religiosa la circostanza per riaprire e meditare su alcune delle più significative pagine della sua vicenda umana e spirituale. Il vescovo mons. Mario Ceccobelli, nella riflessione operata subito dopo l’arrivo dei Ceri nella basilica sul monte Ingino, sottolineato da un lungo applauso, ha visto nella “corsa per arrivare fino a lui” un forte “desiderio di attaccamento ed un bisogno di protezione” per essere “accompagnati lungo il cammino che porta alla pace ed alla riconciliazione” tra “cuori, famiglie, istituzioni”. Altrettanto efficace l’omelia e la testimonianza dell’arcivescovo de L’Aquila mons. Giuseppe Molinari, che quest’anno ha presieduto il solenne pontificale celebrato in una cattedrale gremita, presenti autorità civili, militari e “ceraiole”, i gonfaloni di Gubbio e Cantiano, insieme ai rispettivi Sindaci, oltre a quelli di Scheggia, Costacciaro. Dopo aver ringraziato per l’invito, con un filo di amarezza per la “mia cattedrale che non c’è più e chissà quando potrà essere recuperata”, ha detto: “Proprio contemplando la vita di sant’Ubaldo mi sono chiesto quale sia oggi la missione di un vescovo: conferma i suoi sacerdoti nella verità della fede, ma è chiamato a confrontarsi con tanti i problemi di carattere pastorale, organizzativo, sociale, politico e altro ancora. La cosa che non dovremmo mai dimenticare – ha aggiunto – è proprio l’annuncio della morte e resurrezione di Gesù”. L’Arcivescovo ha poi sottolineato come il Protettore di Gubbio non sia stato solo un consigliere spirituale per la sua comunità di fedeli, ma anche una persona sempre vicina in tutti i modi al suo popolo. “Quante volte, dopo il terremoto – ha aggiunto – ho sentito sulla mia persona l’amore, la stima e la speranza del nostro popolo. E, con tutti i miei limiti e le mie povertà, ho cercato di stare sempre vicino alla mia gente, perché vedono il vescovo come una figura importante per loro. Sull’esempio di sant’Ubaldo – ha quindi concluso mons. Molinari – vorremmo continuare sulla strada dei Pastori che sono fedeli alla missione che è stata loro affidata”.

AUTORE: Giampiero Bedini