Giovanni Carlotti, docente alla Facoltà di ingegneria a Perugia, è il coordinatore della Commissione regionale educazione scuola università. Ricostituita nel 2006 e presieduta dal Vescovo Mons. Sorrentino, la commissione è costituita da una quindicina di membri che rappresentano i relativiuffici pastorali delle diocesi Umbre e le principali associazioni di genitori ed insegnanti, quali Age, Agesc, Aimc, Uciim, Diesse. Prof. Carlotti, quali sono i progetti della Cresu? “In questi anni ci siamo impegnati anzitutto sulla organizzazione di questi cicli di incontri per insegnanti ed educatori, sulla redazione di una lettera aperta al mondo della scuola all’inizio di ogni anno, sul coordinamento degli uffici ESU della varie diocesi Umbre e sul collegamento con gli organismi nazionali. Per il futuro, in collaborazione con l’Istituto di Scienze Religiose di Assisi, si organizzeranno anche corsi di aggiornamento specialistici per insegnanti di religione con cadenza annuale. Di recente abbiamo anche costituito una sottocommissione (coordinata da Massimo Liucci) che si sta occupando di uniformare e coordinare il settore dell’Insegnamento della Religione Cattolica in tutta la regione”. La sua commissione come valuta la riforma della scuola? “La materia è complessa ed è difficile esprimere una valutazione in poche battute. Certamente la semplificazione e la razionalizzazione degli indirizzi della scuola secondaria era una necessità avvertita da tempo. Anche la nuova definizione standardizzata ed articolata dei licei e degli istituti tecnici sembra opportuna. Tuttavia la sensazione di fondo che traspare dal modo concreto con cui si è arrivati a realizzare la riforma, e dalle scelte di bilancio che la sottendono, è che in questo momento storico il tema della istruzione e dell’educazione è di scarso rilievo per il mondo politico e forse più in generale per la nostra società. Al di là degli slogan o delle prese di posizione preconcette, rimane il forte dubbio che di fronte alla oggettiva difficoltà di riqualificare e rilanciare i percorsi educativi e formativi (anche ricordando i fallimenti degli anni e dei governi passati), si sia preferito anzitutto ridurre gli investimenti e declassare il problema a questione secondaria”. Maria Rita Valli Sfida educativa. I giovani vanno guidati a un uso consapevole di internetSempre più i nuovi media fanno parte integrante della vita quotidiana dei nostri giovani. Computer, telefonino, i-pod, i-phone: chi non ne possiede uno! La tecnologia avanza. E mentre per i nostri giovani è ormai un’esperienza diffusa, per chi ha qualche anno in più è complicato riuscire a stargli dietro. Ma qual è il rapporto dei giovani con i nuovi media? Quali sono i rischi a cui possono andare incontro? A parlarne nel corso dell’ultimo degli incontri sulla sfida educativa, promosso dalla Cresu a Santa Maria degli Angeli, venerdì 16 aprile è intervenuta la prof.ssa Floriana Falcinelli, docente di Didattica e tecnologie dell’istruzione presso l’Università di Perugia. La riflessione della professoressa è partita da alcuni dati rilevati da una ricerca condotta nelle scuole nel 2008 dal Cremit (Centro di ricerca per l’educazione ai media all’informazione e alla tecnologia) dell’Università Cattolica di Roma e dall’associazione “Save the children”, tra i giovani dagli 11 ai 14 anni. 1.373 i questionari acquisiti. Il cellulare è lo strumento tecnologico più utilizzato: il 43,26% lo usa da 1 a 3 anni, il 37,14% da 4 o più anni, il 14,93% da meno di un anno. Passando a internet, il 38,2% possiede un profilo personale in un social network. Msm Messenger è il più utilizzato, soprattutto per avere contatti con gli amici abituali. I rischi della Rete“I giovani purtroppo – spiega Falcinelli – non hanno minimamente coscienza dei rischi a cui potrebbero andare incontro, se non quelli di natura tecnica: il computer che si blocca, le difficoltà di connessione. A mio avviso – prosegue – hanno la percezione che il mondo virtuale sia completamente ‘altro’ da quello reale, e quindi ritengono non ci sia alcun tipo di limite o di vincolo. Mentre è esso stesso un mondo reale, anzi un’estensione del reale. Ed è questo uno dei problemi su cui noi educatori dobbiamo lavorare di più”. I giovani – sostiene – “usano la Rete per conoscere, ma non approfondiscono. Per questo dobbiamo aiutarli ad approcciarsi ad essa in modo critico, a confrontarsi con altre fonti”. Ha dunque invitato gli insegnanti a capire questo mondo in evoluzione, perché sta cambiando il modo in cui i ragazzi accedono alla cultura, comunicano, vivono le loro esperienze di vita. “Il rischio è che diventi più importante ciò che apprendono fuori della scuola perché moderno, immediato, ricco, rispetto a quello che apprendono dentro la scuola, perché vecchio e noioso. La scuola deve riflettere su questa nuova realtà”. “Da tempo stiamo pensando a un’educazione mediale – aggiunge – perché l’educatore deve capire che non può rinunciare alla Rete, come non può rinunciare al libro. Le nostre scuole sono piene di Lim, le lavagne interattive. Uno strumento che non deve generare angoscia tra gli insegnanti, ma che va sperimentato con curiosità insieme ai ragazzi, perché diventi un mezzo di ricerca. E nel 2011 ci saranno anche gli e-book”.
I giovani la scuola e il web
Scuola: l’impegno della Chiesa umbra per gli insegnanti
AUTORE:
Manuela Acito