Sabato 24 aprile: quarto appuntamento – nella sala parrocchiale del santuario di Rivotorto di Assisi (ore 16.30) – nell’ambito del ciclo di incontri dedicato al tema generale “L’amore di Cristo nella società” commentato da una espressiva frase: “Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero” (CV 1). Spetta a padre Giovanni Raia approfondire l’argomento specifico “L’uomo e la creazione: vocazioni diverse?”.
Allo stesso ci siamo rivolti con un sottinteso richiamo al Cantico delle creature e allo spirito francescano che impregna luoghi e realtà dell’intera diocesi; fatta salva la consapevolezza che nell’universo creato sono presenti eventi e fattori negativi esulanti anche da responsabilità umana. Quali intenzioni possono essere attribuite al Creatore nell’atto della creazione? “Chi può conoscere le intenzioni divine?” Tentiamo una semplificazione… “Allora facciamo riferimento a quanto insegna la Scrittura in relazione alla creazione dal nulla: Dio crea per amore e nella creazione fa risplendere la sua gloria. Nel crescendo di bontà di Genesi 1 ci viene detto che ogni cosa parte dalla libera iniziativa divina e viene realizzata in funzione dell’uomo, vertice della creazione. Lo stesso in Genesi 2, anche se in una prospettiva che a partire dal vertice racconta il significato dell’intera creazione”. L’uomo è dunque creatura privilegiata rispetto a tutte le altre. “La Gaudium et spes, a partire dalla Scrittura, afferma che l’uomo è l’unico essere che Dio ha voluto per se stesso (non ‘in funzione di’). Parlerei dell’uomo come essenza ove massimamente risplende la gloria di Dio: un privilegio che non crea separazione, semmai impegna l’uomo a dare voce all’intera creazione per esprimere la ‘gloria di Colui che tutto move’”. Quali diritti può avanzare l’uomo? “Non è corretto parlare di diritti dell’uomo nei confronti della creazione, quanto piuttosto del dovere che ha nel rendersi strumento di quest’ultima nei confronti del Creatore. L’uomo è l’unico che può prestare voce alla creazione: semmai è questo ‘farsi voce’ il suo diritto, ma anche e soprattutto il suo ministero”. E le colpe dell’uomo? “Il primo grave peccato dell’uomo nei riguardi della creazione è quello di non farsi suo portavoce, di renderla insignificante, considerandola come luogo di manipolazione e dominio, senza considerare che essa le è connaturalmente unita nella dinamica vocazionale di chiamata-risposta”.