Quest’anno durante la Settimana santa ho vissuto con particolare intensità il momento in cui, insieme ai miei confratelli, ho rinnovato l’impegno a vivere in pienezza i miei doveri sacerdotali. Ho guardato il Vescovo e nel suo volto ho visto l’amore, la trepidazione e la sollecitudine per i suoi più importanti collaboratori; ho intrecciato il mio sguardo con quello degli altri presbiteri e in tutti ho notato fermezza e fiducia. Anche l’assemblea era raccolta e commossa. Ho guardato l’altare e ho capito che la Chiesa, sempre bisognosa di purificazione e di ripartenza, non può vivere senza la Croce, il cui trono è capace di dare un ristoro pieno, di gran lunga maggiore al leggero sollievo che un alberello seppe dare al povero Giona stanco e avvilito (cfr. Giona 4,16). Il peccato di pedofilia è aberrante ed è particolarmente grave quando è compiuto da un consacrato. Anche un solo caso sarebbe sufficiente per indurci alla vergogna e alla penitenza riparatrice. Ce lo ricordano le parole forti di Cristo: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli… sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18,6). Non si può tuttavia non reagire di fronte all’accanimento mediatico con cui, in ogni parte del mondo, si attacca la Chiesa, riproponendo fatti avvenuti molti anni fa, insinuando sospetti privi di fondamento e cercando di colpire proprio colui che ha il ruolo più grande e che si è distinto per la fermezza con cui ha cercato di combattere questi orribili delitti. È palese l’intento di colpire il Capo per umiliare l’intero Corpo, dimenticando il bene immenso che è stato fatto e che viene tuttora compiuto, anche con lo spargimento del sangue, da tante persone fedeli a Dio e ai fratelli. È sorprendente che tutto questo accada per opera di mass media che ci trastullano con L’isola dei famosi e con il Grande Fratello, che banalizzano il sesso, che si dilungano con palese compiacimento con i trans, che esaltano lo sfascio della famiglia e che si guardano bene dall’affondare la scure su quel losco turismo sessuale che viene compiuto nei Paesi più poveri del mondo, a danno soprattutto dei minori. C’è sempre stato un divario tra la Chiesa e il mondo, ma è doloroso che oggi si miri a colpire l’istituzione più che il male in se stesso. Di fronte a questa situazione la Chiesa soffre, ma è ben lungi dall’indire crociate. Anzi prega per i suoi avversari, arriva perfino a ringraziarli, perché indirettamente diventano strumenti di purificazione e di maggiore coesione. È il momento di amare di più questa Chiesa e questo Papa che la Provvidenza ci ha donato. Mi viene in mente ciò che ha detto Réné Remond sulla falsariga di un precedente scritto di François Mauriac: “La Chiesa mai la sentiremo così inerme come nei suoi trionfi né così potente come nelle sue umiliazioni”. Anche oggi, come sulla croce, il vero vincitore sarà colui che è apparentemente il perdente.
La Chiesa, potente nelle sue umiliazioni
Parola di vescovo
AUTORE:
Sergio Goretti