La Chiesa è il luogo dell’educazione alla fede. E alla fede si chiede oggi di illuminare le mentalità del nostro tempo. Innanzitutto – è stato detto in Assisi – attraverso una catechesi che renda la fede cristiana capace di pensare e di vivere dentro la nostra realtà locale; se ciò non avvenisse, la vita religiosa resterebbe relegata in uno spazio marginale dell’esistenza. Una catechesi che dia anche la visione di fede di fronte agli interrogativi che il dibattito culturale oggi propone: come ad esempio le questioni di bioetica, l’incontro tra civiltà e religioni diverse, l’eclissi della verità, il futuro della famiglia, i poteri della tecnica, i nuovi scenari della democrazia e così via. E per fare questo, in Umbria, è fondamentale il ruolo dei movimenti ecclesiali e la preparazione dei laici, richiamati ad una vita di fede più estroversa, contro il rischio di una religiosità devozionale e privata. Da qui, anche, il lavoro educativo verso la dimensione della carità e dell’impegno. Infatti, di fronte alla povertà di valori e alla latitanza educativa, la Chiesa convoca e aggrega attorno ad una ricerca profonda del senso della vita e offre la luce del Vangelo sul valore della persona, della solidarietà, del servizio reciproco tra le diverse generazioni. Ma la comunità cristiana – è stato ribadito – vuole essere anche una presenza culturale e politica significativa nella misura in cui, radicata nel territorio e vicina alla gente, sa instaurare con le diverse istituzioni presenti un mutuo scambio, individuando problemi, sollecitando soluzioni, offrendo collaborazione e non disdegnando critiche. Così facendo, il cristiano non scinde l’impegno per la carità da quello per la giustizia e non riduce la Chiesa a un servizio socio-assistenziale di supplenza. Di più: esce da quella situazione di subalternità rispetto alla situazione culturale e politica della nostra regione, che appare ormai sempre più anemica. Questo esige che le comunità cristiane in Umbria diventino più capaci di intervenire sull’opinione pubblica, dando più attenzione ai mezzi di comunicazione e ai nuovi linguaggi anche per l’annuncio della fede. Le nostre Chiese locali, infine, hanno la grande possibilità di educare al recupero della memoria. Oggi c’è un fenomeno rischioso: l’oblio collettivo e la perdita diffusa della memoria storica; ma attenzione, perché cancellando il passato si rende definitivo il presente, lo si rende come ciò che non si può fare a meno di accettare, lasciando così inconfutabili le forze che attualmente lo dominano. La Chiesa, anche valorizzando il patrimonio di espressione della fede ad essa lasciato dalle generazioni precedenti, reagisce contro la colonizzazione culturale che sempre di più invade e omologa. Non si tratta di sostituire la forza della Parola di Dio con l’attrazione delle tradizioni religiose, ma di capire che la salvezza ha una storia che dal passato ci proietta al futuro. E con impegno.
L’educazione alla fede contro l’eclissi della verità
AUTORE:
Antonio Nizzi