Che non si parta da zero lo ha affermato il presidente della Conferenza episcopale umbra, il vescovo Vincenzo Paglia, in apertura dell’incontro di Assisi, di cui riportiamo un ampio resoconto nelle pagine interne. Questa convinzione non è un dato storico, o un ricordo nostalgico rispetto alle esperienze del passato, quanto una condizione perché i semi gettati non vengano misconosciuti e tanto meno calpestati. Vi è in questa consapevolezza anche un criterio di saggezza per non disperdere gli insegnamenti derivanti dalla storia, prossima e remota, di cui è fortemente segnato il nostro territorio. L’Umbria è fatta di 92 comuni, ognuno dei quali, è una piccola repubblica, centinaia di frazioni e quasi 600 parrocchie. Il particolarismo è un dato talmente radicato da resistere nel tempo e volersi mostrare nelle sue peculiari caratteristiche. Affrontare temi e metodi nuovi di programmazione pastorale, coinvolgendo il più possibile questa realtà, con tutta la sua ricchezza e le sfumature della sua cultura e spiritualità, è la sfida che i vescovi umbri, non da oggi, vanno perseguendo, per convinzione, prima ancora che per necessità, oggi più che mai avvertita. Rispetto al passato, infatti, si rende urgente “uno scatto di visione e di impegno”, come ha sollecitato Paglia. Scatto necessario, tra l’altro, per la presenza di stanchezza e rifiuto di mettersi in discussione e in ricerca. Le otto Chiese sorelle dell’Umbria non possono pensare di comporre facilmente in comuni piani pastorali uniformi i tanti campanili se si abbandonano a se stessi e si lasciano scivolare in quello che Paglia ha chiamato l’‘individualismo religioso’, parrocchiale, diocesano e regionale. Non saranno sufficienti a promuovere l’unità e la collaborazione gli organismi e iniziative pastorali. Bisogna ripartire dall’eucaristia domenicale, ha detto Giovanni Scanavino, vescovo di Orvieto Todi. Essa è la fonte e il cuore di tutta la vita cristiana e delle nostre comunità. È una pista prioritaria che si può integrare con la cosidetta “filiera sacramentale”, o “via liturgica”, che è altra cosa rispetto al “devozionismo protetto”, alternativa. In tale ambito la Chiese umbre dovranno cercare tra loro comuni convergenze che rendano più efficace la loro azione, favorendo scambi di persone e di idee, promuovendo la formazione dei fedeli e la loro “partecipazione” in vista dell’edificazione della Chiesa e della città dell’uomo. Nella liturgia vissuta intensamente si viene a saldare il “dentro e il fuori”, l’esigenza della fede della chiesa e quella di raggiungere il maggior numero di persone. Non partiamo da zero, è stato detto, ma il mondo cambia. Nei prossimi anni si dovrà trovare, ad esempio, una nuova metodologia condivisa per le “preparazioni” al battesimo, alla cresima, al matrimonio, evitando che diventino pratiche burocratiche che non lasciano traccia nella vita dei singoli e delle comunità. Per tutto ciò serve una “spiritualità dell’ascolto”, evocata da Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, dandoci credito l’uno verso l’altro, congiunti nell’Amore. Il cammino intrapreso non potrà fare a meno, inoltre, di integrare, in un processo di comune crescita, le grandi spiritualità, agostiniana benedettina e francescana, che ci hanno lasciato eccezionali testimonianze di santità e tuttora, per il loro fascino, attirano migliaia di persone in Umbria e nel mondo.
Non partiamo da zero, ma il mondo cambia
AUTORE:
Elio Bromuri