L’Europa ha dichiarato il 2010 Anno della povertà. Il Papa ha aderito volendolo segnalare con un gesto di sensibilizzazione coinvolgendo tutti i vescovi europei (vedi pag. 5). È stata scelta la data del 14 febbraio, memoria liturgica dei santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori della Russia e dei popoli slavi, e compatroni d’Europa. Che venga dichiarato e dedicato un Anno europeo della povertà, inteso come povertà in Europa, nel 2010, suona come una beffa o uno scherzo di carnevale, sia rispetto alle previsioni e alle promesse di politici ed economisti, sia all’opinione di molti che ritengono la crisi una sensazione psicologica. Tale opinione ottimistica e riduttiva sorge spontanea, non solo nelle persone benestanti, ma anche in coloro che hanno la fortuna di lavorare o godono di una buona pensione e una casa di proprietà. Recentemente un amico che si è recato con la famiglia, moglie e quattro figli, nelle Maldive per un viaggio premio della sua azienda, al ritorno mi diceva di aver visto tanti voli aerei d’italiani in arrivo e in partenza in / da quelle isole di paradiso, da domandarsi: dov’è la crisi di cui si parla tanto? È giusto e naturale che, grazie a Dio, la vita proceda bene per tanta gente. Ma guai a chiudere gli occhi. Se l’Unione europea, una delle regioni più ricche del mondo, ha maturato tale urgenza, penso che abbia le sue ragioni. E non parliamo del resto del mondo! Una volta tanto dall’Europa esce un messaggio non polemico, contro questo o contro quello, ma rivolto a tutti i cittadini, i quali, presi singolarmente poco potranno fare, ma potranno almeno prendere coscienza che nelle loro comunità, città e paesi e campagne c’è un 16-17% di persone che sta male, perché non ha le risorse minime per soddisfare le necessità primarie. Sapendolo ciò si sentiranno orientati ad assumere come criterio di vita quel principio di solidarietà che sta alla base della nostra civiltà. Nell’ultima enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI ha sostenuto un criterio ancora più esigente ed elevato: quello della fraternità. Pare ovvio ricordare la famosa triade della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della Rivoluzione francese (1789) dove libertà e uguaglianza sono accompagnate alla fraternità. Tale ricordo ci permette di ribadire il (nostro) chiodo delle radici cristiane dell’Europa e soprattutto di invitare tutti a raccolta sul fronte della fraternità. In qualunque partito abbiano collocato la loro sede di riferimento, cattolici e uomini di buona volontà, non dovrebbero disperdere le energie in pratiche e progetti che privilegiano solo e sempre, come è stato finora, quella della triade che è divenuta una idolatrata sfinge, la libertà individuale. Essa, infatti, ha perduto la sua dignità aprendosi a pratiche trasgressive senza scrupolo ed anche a squallide nefandezze. La lotta contro l’umiliazione e l’esclusione sociale dovrebbe essere condivisa e sostenuta come prioritaria, con un programma politico contro sprechi, parassitismi e privilegi. La lotta contro la povertà in nome della carità, non significa ridurre tutto a elemosina, ma presuppone la ricerca della giustizia che è ”il livello minimo della carità”, e una politica intesa come”la forma più alta della carità”. Dalla povertà in Europa, a grandi lineee, per chi vuole, un programma politico è già disegnato.
Anno della povertà, o della fraternità
L’Editoriale
AUTORE:
Elio Bromuri