Gli operai della Antonio Merloni di Gaifana hanno occupato la fabbrica e sono intenzionati a mantenere il presidio finché il Governo, la Regione e le parti sociali non firmeranno l’accordo di programma per la deindustrializzazione del territorio. L’8 febbraio si terrà il summit con il ministro Scajola, ma i lavoratori temono che l’incontro serva solo a fare il punto della situazione e non per sottoscrivere l’accordo. A Roma, ma in piazza, ci saranno anche i lavoratori Fiom dell’azienda, per sollecitare l’attuazione dell’accordo di programma. “Il Ministero si è detto disponibile a percorrere questa strada solo ora e sta verificando quale sia la strada migliore per dare consistenza all’Accordo di programma, che si articola su tre punti: una struttura pubblica che rilevi alcuni immobili dell’azienda, il dicastero che stanzi fondi per Investitalia per attrarre investimenti, l’impegno delle Regioni per la riqualificazione dei lavoratori”, spiega Evaristo Agnelli, coordinatore nazionale per la Fiom-Cgil dell’Antonio Merloni. Nella riunione della Conferenza episcopale umbra tenutasi il 1° febbraio i Vescovi delle otto diocesi della regione hanno scritto a Silvio Berlusconi. “Sensibili alla situazione dell’azienda Antonio Merloni – si legge nella nota diffusa martedì alla stampa dalla segreteria della Ceu – i presuli hanno indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri sollecitando nuovamente la dovuta attenzione ai lavoratori ed auspicando la ricerca di soluzioni concrete e coordinate”. Di seguito il testo della lettera. Signor Presidente, unendoci all’appello del Santo Padre per un forte impegno delle istituzioni a sostegno dei lavoratori a rischio per la crisi in atto, ci facciamo voce degli operai delle nostre comunità umbre, che nel panorama delle emergenze nazionali sentiamo meno menzionati, ma che vivono una situazione drammatica che pesa sulle prospettive dell’intera nostra Regione. I casi di criticità sono diversi, ma, soprattutto, preoccupa la crisi dell’azienda ‘Antonio Merloni’, alla quale fanno capo migliaia di lavoratori sia in Umbria che nelle Marche. Ci rendiamo conto che in una situazione di crisi generale anche la politica non può fare miracoli, se non si innesca un circolo virtuoso che impegni le categorie imprenditoriali, la finanza, le istituzioni e l’intera società civile. È appunto per questo che anche noi Pastori, con la Caritas e l’iniziativa specifica del Fondo di solidarietà, stiamo dando un contributo. Prima ancora cerchiamo di portare avanti la nostra opera di sensibilizzazione delle coscienze, nella prospettiva di una rinnovata responsabilità sociale. In questo momento ci sembra urgente far sentire a Lei, Signor Presidente, la nostra preoccupazione. A noi sembra che, se non si prendono a breve provvedimenti che scongiurino la chiusura dell’azienda oppure offrano ai lavoratori alternative valide, la situazione potrebbe sfuggire di mano. Finora il grido degli operai si è espresso nei termini di un appello dignitoso e fiducioso. Non vorremmo sfociasse in sentimenti di disperazione e rabbia. È in situazioni come queste che emerge quanto un sistema politico, sociale ed economico si ispiri a quei principi di solidarietà e di sussidiarietà che, da sempre proclamati nella dottrina sociale della Chiesa, sempre più si rivelano fattori chiave dello sviluppo e della pace. La preghiamo pertanto di voler dare opportune direttive perché il grido dei nostri operai sia ascoltato. Ad un tavolo di concertazione convengano tutti gli organi interessati perché si possano decidere le linee di una soluzione valida e di non corto respiro per la nostra Regione. Naturalmente non dimentichiamo le altre Regioni interessate dalla crisi. Nel ringraziarLa per l’attenzione, restiamo in fiduciosa attesa e affidiamo alla preghiera il buon esito dell’impegno che Lei e il suo Governo vorrete porre in questa grave situazione”.