Il Centro ecumenico di Perugia era più ecumenico che mai, la sera di lunedì 18 gennaio, all’incontro di approfondimento della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio). Al tavolo dei relatori erano presenti, oltre al direttore del Centro ecumenico don Elio Bromuri, la pastora Kathrin Zanetti-Eberhart per la Chiesa valdese, padre Ionutz Radu della Chiesa ortodossa romena e il dott. Cortese in rappresentanza della Chiesa dei Fratelli. Inoltre, al momento degli interventi dal pubblico si è scoperto che in sala c’era anche il nuovo responsabile della Chiesa avventista. Il tema era quello della Settimana di preghiera, “Voi sarete testimoni di tutto ciò”, frase tratta dal Vangelo di Luca 24, 48. A scegliere l’argomento era stato un gruppo di lavoro scozzese; ogni anno la preparazione della Settimana viene infatti affidata a qualche organismo ecumenico in giro per il mondo. Tra le prospettive offerte dai relatori si è notata una notevole convergenza. Non sussiste infatti nessun dubbio che lo scopo della vita di ogni cristiano, a qualunque confessione appartenga, consista nella testimonianza di “tutto ciò”, vale a dire degli eventi relativi a Gesù di Nazareth. Inoltre, si è tutti d’accordo sul fatto che la forza della testimonianza può derivare soltanto dall’incontro con il Risorto, come sottolinea appunto il capitolo 24 del Vangelo di Luca. Tra le pieghe del discorso, con molto garbo, sono comunque emerse alcune differenze di impostazione, che riflettevano la diversa sensibilità delle rispettive Chiese di appartenenza. Così, la pastora Kathrin ha sottolineato più volte il fondamentale ruolo di “discepole” svolto dalle donne che incontrarono Cristo al sepolcro. Da parte sua, don Bromuri ha ricordato l’importanza che in passato ebbe la “società cristiana” nel diffondere quasi “per osmosi” la fede da una generazione all’altra. Padre Radu ha invece richiamato testi dei Padri orientali, concentrando infine il senso della testimonianza nell’eucaristia. E il dott. Cortese ha dato dimostrazione di una lettura arguta della Bibbia, suscitando dibattito con la sua osservazione – basata peraltro sul Vangelo di Giovanni – che tutti sono “creature” di Dio, ma non tutti sono “figli” di Dio. Fili diversi, ma che compongono l’abito multicolore dell’unica Chiesa, Sposa del Signore. D. R.“Non ci sonosolo le badanti” Fa impressione, padre Ionutz Radu, responsabile della Chiesa ortodossa romena per la provincia di Perugia. E non tanto perché è un marcantonio alto un metro e 90, reso ancora più imponente dall’abito nero (ma reso affabile dal sorriso). E neppure perché è sposato, cosa che è normale per i sacerdoti ortodossi. No, a impressionare di più l’ascoltatore italiano è il fatto che padre Radu abbia appena 31 anni e già tre figli. Il prete romeno si trova in Italia da circa un anno, insieme alla famiglia; la moglie è laureata in Giurisprudenza, ma il suo titolo non è riconosciuto in Italia a causa delle differenze in materia legislativa tra i due Paesi. Forse in futuro farà corsi di integrazione alla propria laurea; per il momento lo stipendio è quello mensile percepito dal marito in qualità di sacerdote; infatti si occupa del ministero a tempo pieno. “Altrimenti – dice padre Radu – se fosse solo un secondo lavoro, come avviene per molti preti ortodossi in Italia, non riuscirei a seguire in modo adeguato le esigenze dei fedeli”. Già, i fedeli. L’idea è che quasi tutta la comunità romena alle sue dipendenze pastorali sia costituita da badanti, ma non è così. “Ormai si tratta in gran parte di famiglie – spiega -, giovani famiglie con i figli. Nella città di Perugia vi sono circa 3 mila fedeli, e 26 mila nell’intera provincia, oltre ai 17 mila presenti nel territorio di Terni. In provincia di Perugia sono concentrati, oltre che nel capoluogo, soprattutto a Bastia, Assisi e Marsciano”. Resta il fatto che un buon numero di donne sono badanti, e per loro viene celebrata una liturgia speciale al sabato pomeriggio, perché di solito è il loro giorno libero. Ma il vero problema sono i figli. “Nelle scuole della provincia – prosegue padre Radu – studiano circa 4 mila bambini e ragazzi romeni. L’età critica è quella tra gli 11 e i 18 anni, che è un periodo difficile per tutti, ma ancora di più per gli immigrati. A questa età non sentono di avere nessuna identità. Se gli chiedi: ‘Da grande vuoi restare in Italia?’, rispondono: ‘No’. Allora vorresti tornare in Romania? ‘No, là non conosco niente e nessuno’. E allora…?”. Per questo padre Radu vorrebbe aumentare le attività di catechesi: “Non tanto per l’insegnamento della religione, perché già a scuola li invitiamo a seguire l’insegnamento della Religione cattolica. Il motivo è che vorrei aiutare questi ragazzi a riappropriarsi delle proprie radici, senza dimenticare la lingua dei loro padri, come invece tendono a fare. Vorrei offrire loro un luogo per incontrarsi come comunità, perché le loro famiglie provengono da zone molto diverse della Romania e spesso, prima di arrivare in Italia, non avevano nessun legame tra loro”.
L’abito multicolore della Sposa
Incontri in diocesi per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
AUTORE:
Dario Rivarossa