L’11 gennaio il Papa ha incontrato il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. È questa l’occasione per ribadire agli Stati, per il tramite degli ambasciatori, il tema contenuto nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio. Se il messaggio, diffuso ogni anno nel mese di dicembre, ha un obiettivo pastorale e più generalmente politico, il discorso al Corpo diplomatico di gennaio è diventato negli anni occasione per esaminare più tecnicamente, alla luce del messaggio, minacce e opportunità per la pace nell’anno a venire. Così anche nel discorso di quest’anno non sono mancati riferimenti alla relazione tra ambiente e pace, tema della Giornata della pace 2010, e l’indicazione di alcune situazioni che offrono speranze, come la ripresa dei rapporti fra Armenia e Turchia, e delle tensioni più preoccupanti. Fra le tensioni il Papa ha citato le violenze di cui sono stati vittime i cristiani in alcune aree del mondo. Il Papa ha parlato dei fatti che hanno colpito i cristiani copti egiziani, delle preoccupanti violenze in Pakistan, che non hanno riguardato solo i cristiani, e delle fatiche in Medio Oriente. Accanto a queste preoccupazioni ha formulato l’invito ad una laicità che, “fondata su una giusta autonomia tra l’ordine temporale e quello spirituale, favorisca una sana collaborazione e un senso di responsabilità condivisa”. Già in passato il Papa aveva insistito sulla libertà religiosa come condizione per la pace, suscitando qualche malumore. Quando si tocca questo tema esiste in effetti il pericolo di fraintendimenti. Credenti e non credenti corrono il rischio di affrontarlo come una questione di potere, quasi che in gioco ci sia la competizione di una comunità organizzata contro l’altra nell’orientare e gestire la cosa pubblica, magari a discapito dell’altra. E chi, proprio per rispetto del diritto di ogni convinzione ad esprimersi, crede nella laicità delle istituzioni, si trova spesso a disagio ad ascoltare rivendicazioni a volte davvero sopra le righe. In realtà quando la vita è minacciata per il solo fatto di professare una religione, come purtroppo tuttora avviene, è naturale alzare la propria voce in difesa della libertà religiosa. La reliquia è stata portata in processione dagli uomini della parrocchia di S. Angelo in Beroide di Spoleto. Ma ciò che è importante non è solo o tanto sostenere il diritto di una comunità a professare, quanto riflettere sul significato più profondo della libertà religiosa. La fede, con la conseguente pratica religiosa, è uno degli atti più alti che la persona umana possa compiere. Non lo diciamo perché siamo credenti, ma perché la fede è risposta alla domanda sul significato della propria vita. Quando l’uomo risponde alla domanda di senso, è più pienamente se stesso, quale che sia la risposta che declina. Rispondendo, compie l’atto più rilevante della sua vita. Alla sua luce orienta le sue azioni e colora le sue passioni e i suoi sentimenti. Spesso occorre tutta la vita per costruire e riconoscere una risposta sensata. A volte non basta tutta la vita per superare i dubbi. Una civiltà che consenta pieno esercizio e piena espressione di questo atto, permette all’uomo piena dignità. Una civiltà che glielo neghi, gli nega contemporaneamente la dignità. Quando questa libertà è stata difesa, gli uomini, singolarmente e comunitariamente, hanno contribuito a migliorare la civiltà di cui hanno fatto parte. Quando è stata negata, vuoi dalle istituzioni pubbliche, vuoi dai divieti originati dalla stessa pratica religiosa degenerata, non vi è contributo positivo alla civiltà, ma violazione della dignità umana. Avviene tutte le volte che si uccide in nome della fede, negando il diritto ad una professione diversa. Avviene tutte le volte in cui si nega pari dignità fra uomini e donne. Avviene ogni volta che si nega il diritto a contribuire ad un dibattito solo perché credenti. Per questo ha senso parlare di libertà religiosa parlando di pace. Davvero non è questione di confronto tra comunità organizzate in competizione fra loro. Immaginare la Città di Pietro competere con la Città dell’Uomo è caricaturale. Costruire la Città dell’Uomo col contributo di tutte le fedi, tutta la scienza e tutti i dubbi, è modo concreto per servire l’uomo e, con testardaggine e pazienza, costruire la pace.
La libertà religiosa fa bene alla civiltà
Papa. Il discorso al Corpo diplomatico
AUTORE:
Riccardo Moro