Separazioni, divorzi, convivenze e nuove unioni scaturite dal fallimento dei precedenti matrimoni, sono ormai una realtà dolorosa che, purtroppo, coinvolge molte famiglie italiane. Nonostante ciò regna molta confusione, disinformazione e disagio quando si prende in esame il rapporto tra queste unioni “irregolari” e la Chiesa. Per entrare nell’argomento si consiglia la lettura di un documento pastorale dal titolo: Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito (Sal 34,19) che il cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi lo scorso anno indirizzò agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuove unioni, per esprimere la vicinanza del pastore ai fedeli che vivono tali situazioni. La lettera ha uno scopo pastorale ben preciso: far sentire agli sposi, che vivono il fallimento del loro matrimonio, la vicinanza della Chiesa, che non li ha “scomunicati”, come qualcuno afferma, e neanche “esclusi dalla grande comunità dei discepoli”. Nello stesso tempo il Cardinale ribadisce con estrema chiarezza gli insegnamenti della Chiesa sul matrimonio, che spiega con amore e sensibilità pastorale. Le competenze teologiche del moralista si completano con la sensibilità pastorale del Pastore che, primariamente, sottolinea come dietro a un matrimonio che fallisce non vi è solo l’amarezza delle aspettative deluse degli sposi, ma anche quelle di tutta la Chiesa, che con cura e amore li ha preparati dando loro fiducia e speranza. Il matrimonio, come tutti i sacramenti, è un dono della grazia di Dio comunicato ai fedeli mediante il discernimento ecclesiale di una vocazione ben precisa, individuata dalle parole stesse di Gesù: “Non sono più due, ma una carne sola” (Mt 19,6). La vocazione al matrimonio è una vocazione all’amore caratterizzato dall’unità e dalla fedeltà e per questo è indissolubile, perché tale è quell’amore con il quale Gesù ha amato la Chiesa (cf Ef 5,21-33). Il Cardinale sottolinea che l’amore gratuito di Cristo in croce è il modello di ogni amore sponsale, riferimento unico per ogni scelta del cristiano. Quando un matrimonio fallisce, non si spezza solo quel vincolo profondo di unità e di amore tra Cristo e la Chiesa, ma si provoca una ferita profonda nel cuore di ogni credente. Questa ferita – continua il Cardinale – è sanabile solo attraverso il perdono e la richiesta della misericordia di Dio sempre possibile, anzi doverosa per coloro che si trovano in uno stato di separazione; in quanto ancora il vincolo matrimoniale non è definitivamente interrotto; ciò avviene, invece, con il divorzio. I separati, “secondo le dovute disposizioni spirituali, possono accedere ai sacramenti”, in particolare della riconciliazione e dell’eucaristia, per ricevere quella forza e quella luce necessarie per riflettere sul loro matrimonio in crisi e per rendersi disponibili al perdono e alla riconciliazione. La regola che vieta la comunione eucaristica e la partecipazione al sacramento della riconciliazione, nonché a ricoprire ruoli istituzionali nella Chiesa come il padrino o la madrina, il ministero del catechista o il ministero di lettore ed altri incarichi, riguarda i divorziati risposati, i conviventi e coloro che sono sposati solo civilmente (cf Direttorio di pastorale familiare, cap. 7). Per i divorziati il discorso è più complesso. Innanzitutto chi è vittima, cioè ha subito il divorzio ma ha sempre difeso il suo matrimonio, e ad esso rimane fedele senza intraprendere una nuova unione, può accedere a tutti i sacramenti, poiché offre “un’autentica testimonianza di fedeltà, di cui il mondo oggi ha grande bisogno. Per tale motivo devono essere incoraggiati e aiutati dai pastori e dai fedeli della Chiesa” (Fami- liaris consortio, n. 20).Questa regola per molti cristiani è una vera sofferenza, tuttavia essa non deve essere vissuta come una “scomunica”, perché non lo è; essi hanno sempre il diritto e il dovere di “mantenere una vita di fede e di carità effettivamente vissuta all’interno della comunità ecclesiale”. Il Vescovo di Milano si chiede il perché di questa restrizione e lo spiega affermando che l’eucaristia esprime quel vincolo indissolubile dell’amore di Cristo per la Chiesa: “un amore, questo, che viene oggettivamente contraddetto dal ‘segno infranto’ di sposi, che hanno chiuso una esperienza matrimoniale e vivono un secondo legame”. Il Cardinale conclude la lettera ricordando che l’insegnamento morale della Chiesa non deve essere vissuto come un giudizio sulle coscienze e sulle decisioni personali delle persone, ma riguarda il giudizio sui comportamenti oggettivi non conformi all’insegnamento del Vangelo. Per questo la Chiesa non giudica mai coloro che affrontano la sofferta e drammatica situazione del fallimento del loro matrimonio, al contrario è a loro vicina nella carità, ma anche nella verità, illuminandoli e guidandoli nella via tracciata dalla Parola di Dio. La Chiesa universale e la Chiesa italiana da diversi decenni sono intervenute sulle problematiche inerenti le situazioni matrimoniali “irregolari”, dal primo documento del 1979 della Conferenza episcopale italiana, La pastorale dei divorziati risposati e di chi vive in situazioni matrimoniali irregolari o difficili, all’esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Familiaris consortio del 1981, al documento della Congregazione per la dottrina della fede Circa la ricezione della Comunione eucaristica da parte dei fedeli divorziati risposati del 1994. Si consiglia inoltre l’approfondimento del Direttorio di pastorale familiare del 1993 della Conferenza episcopale italiana, e il Vademecum per i confessori su alcuni temi di morale inerenti alla vita coniugale del 1997. Don Carlo MaccariSeparati e divorziati:incontro a PerugiaPresso il Centro familiare – Casa della Tenerezza di Montemorcino, Perugia, domenica 17 gennaio dalle 9.30 alle 18 si terrà l’incontro dal titolo “Separati e divorziati: una vita in disparte o parte vitale della Chiesa?”. Relatore sarà don Carlino Panzeri, vicario per la famiglia della diocesi di Albano Laziale, membro della Consulta Cei per la famiglia. Vi sarà inoltre un intervento di don Carlo Rocchetta, fondatore della Casa della Tenerezza. Modatore fra’ Marco Vianelli dei Frati minori di Assisi. L’incontro è aperto a tutti: separati, qualunque sia la loro situazione attuale; animatori e catechisti, nonché tutte le persone sensibili a queste problematiche. Casa della Tenerezza è una comunità di fedeli, di condivisione tra sposi, coniugi soli, famiglie, laici, persone consacrate; e luogo d’accoglienza temporanea per coppie in difficoltà.