I paladini del risentimento

Un giovane frate francescano ci ha raccontato l’esperienza di una missione sulla strada svolta insieme a una sessantina di “missionari” la settimana scorsa in una famosa città del Nordest. La sensazione che ne ha riportato è di una grande resistenza al messaggio cristiano: obiezioni di tutti i tipi, frutto non solo di equivoche interpretazioni di fatti, personaggi e scelte della Chiesa, ma anche di pregiudizi consolidati nella mentalità diffusa e riproposti con continuità dalle agenzie laiciste. Naturalmente vi sono stati anche incontri positivi in cui si è manifestata la presenza della grazia di Dio. E’ rimasto però nel giovane frate, pieno di entusiasmo, il senso dell’ampiezza e durezza del rifiuto, non solo di accogliere, ma anche di ascoltare. Per un cristiano non c’è da meravigliarsene. Lungo tutta la sua storia millenaria la Chiesa, oltre al rifiuto, ha sperimentato ogni forma di persecuzione. Ma, prima di rifugiarsi in una specie di scappatoia martirologica, ci si deve domandare se vi siano ragioni più contingenti e occasionali, legate al modo di vivere e comunicare assunto dalla Chiesa nel tempo presente. Sembra talvolta di dover constatare l’inadeguatezza delle persone e del linguaggio rispetto al contenuto del messaggio, secondo quanto ha ricordato recentemente Benedetto XVI, quando ha affermato che i cristiani devono essere credibili, oltre che credenti. Ora la questione del crocifisso, con tutte le reazioni a favore e contro, è un allarmante segnale di confusione e di inganni. Ai difensori per autentiche ragioni di fede, si accompagnano difensori per calcolo, per favorire i voti dei cattolici. Ad essi del Crocifisso, per quello che rappresenta, non gliene importa niente. A chi lo rifiuta per rispetto della laicità, falsamente intesa, come assenza di tutti i simboli di fede, si aggiunge chi non vuole tra i piedi nessun richiamo di ordine religioso, perché è e vuol essere “beatamente ateo”, come gli illuminati membri dell’Unione degli atei razionalisti. In tutto ciò dobbiamo mettere nel conto, oltre alla presenza di idee diverse, che sarebbe bello poter confrontare, la presenza di sentimenti / risentimenti contro tutto quello che in qualche modo fa ricordare la religione, Dio, la Chiesa. In certe critiche si nota un livore sordo, sarcasmo, ironia. In un articolo recente di Scalfari contro il card. Bagnasco. non troviamo solo posizioni culturali legittimamente diverse e contrarie, ma distanza psicologica che inclina al disprezzo. Una simile sensazione si ha in certi settori della politica dove si pronunciano parole ufficiali di rispetto, ma si avverte che la stima, la simpatia e un minimo di vicinanza psicologica sono assenti. Ai cristiani si ripropone sempre la questione di come porsi di fronte alla mentalità emergente nel mondo. Le ultime battaglie per la vita e per la famiglia hanno acuito la sensazione della distanza. La Chiesa, a sua volta, si deve chiedere come comunica. Non può adulterare il contenuto di fede, ma può rivedere atteggiamenti e linguaggi. Nel difendere un principio, non si deve rischiare di entrare in un corto circuito con l’essenza della fede, come quando alcuni difendono il crocifisso dichiarandosi crociati, pronti alla crociata.