Pace. Si impegni la comunità internazionale

Che il 2025 sia un anno di pace come tutti ci siamo augurati a partire dalla notte di San Silvestro, dipende anche da ciascuno di noi. E non solo nelle relazioni interpersonali, nel micromondo della nostra ferialità, ma anche nelle questioni internazionali che tragicamente hanno accompagnato il 2024.

Bisognerà tenere il fiato sul collo alle nostre istituzioni perché la propensione putiniana alla guerra non continui ad infettare l’aria. Lo stesso deve dirsi per i ribelli dell’M23 in Congo, per Hamas ed Hezbollah, per Netanyhau, il regime di Myanmar, i clan haitiani e ogni altro gruppo assetato di ricchezze e potere al punto da non esitare di immolare vite umane su quell’altare.

Sono in molti a invocare un barlume di buon senso o di saggezza nel neoeletto presidente Usa Donald Trump che finora non lascia presagire nulla di buono dal momento che in campagna elettorale ha promesso di adoperarsi “magicamente” per la fine dei conflitti in Ucraina e Gaza ma che oggi minaccia vendetta se non vengono rilasciati gli ostaggi israeliani, alza la voce contro Panama e pretende sovranità assoluta sulla Groelandia.

Pertanto il fronte di guerra sembrerebbe ampliarsi tragicamente piuttosto che regredire. Oltre che nel buon Dio, è necessario confidare nella comunità internazionale affinché si adoperi in quest’anno per la tanto auspicata riforma in senso democratico delle Nazioni unite e ridare slancio ed efficacia alla sua azione. Se non è l’ultima spiaggia, è sicuramente un passo decisivo.

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