Se pensi ‘mare’, che cosa pensi? Spiagge, crociere’ Le abitudini di massa acquisite nel Dopoguerra, i documentari e la pubblicità delle compagnie di navigazione hanno invaso il nostro immaginario collettivo. I nostri occhi ‘ per così dire ‘ sono imbevuti della cultura in cui viviamo. Ma è sempre stato così? A che cosa pensavano, guardando il mare, personaggi dei secoli passati come Ulisse, il re Davide, Gesù, Dante, Ludovico Ariosto, Victor Hugo, Herman Melville? Anche per loro il mare era una calda distesa piena di pesci coloratissimi? Un luogo per fare salutare sport e divertirsi in compagnia? Una spettacolare autostrada azzurra tra un’isola tropicale e l’altra? Diciamo subito che a cambiare tutto sono stati due fattori tipicamente moderni: la nascita della società dei consumi, e la tecnologia che ha permesso di costruire navi belle e confortevoli come alberghi di lusso. Fino all’Ottocento incluso, anche per i marinai esperti, ogni viaggio era un mezzo suicidio. Niente radar per orientarsi al millimetro. Niente satelliti per vedere una mappa esatta delle coste. Niente frigoriferi per avere cibi e bevande fresche per settimane o mesi, a bordo. Niente codice Morse per segnalare un’avaria. A queste condizioni, chi di noi avrebbe il fegato di prenotare una crociera? Anche l’abbronzatura, fino a qualche decennio fa, era considerata un difetto che colpiva chi era costretto a sfacchinare sotto il sole. Ecco perché nel Cantico dei cantici la sposa dice: ‘Sono scura, ma bella’, cioè ‘Perdonate l’abbronzatura, è colpa del lavoro che svolgo in campagna’. Così in tutta la Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, le ‘grandi acque’ diventano il simbolo delle potenze oscure che dominano il mondo; forze demoniache che sfidano Dio, e che Lui deve scendere a combattere con tutto l’armamentario, perché si tratta di un nemico tremendo. In principio, lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque per tenerle sotto controllo. Nell’Apocalisse, una delle Bestie più spaventose sorge appunto dalle acque. E quando Gesù riuscì a calmare le acque del mare di Genezareth (che poi è un semplice lago), i discepoli rimasero stupiti dalla sua potenza, tanto era il terrore che avevano dei flutti; pur essendo pescatori. Non che i Greci se la passassero molto meglio. Ulisse deve alle sue avventure nel Mediterraneo tutta la propria fama, eppure il mare, cioè il dio Poseidone, era il suo peggior nemico. Sia nella poesia di Dante che in quella di Giovanni Pascoli, alla fine i flutti hanno la meglio sull’eroe omerico: il mare spazza via Ulisse, distrugge tutti i suoi sogni di gloria. Anche la letteratura dell’Ottocento, pur magnificando le conquiste dell’uomo, mantiene un atteggiamento di timore e tremore nei confronti delle distese oceaniche. Victor Hugo esalta i ‘lavoratori del mare’ e l’indefesso Gilliat, ma il finale si rivela tragico per tutti. Herman Melville descrive un mostro invincibile: Moby Dick’ e un mostro ancora più invincibile: il mare. Dopo lo scontro titanico tra la balena bianca e il capitano Achab, infatti, le acque si chiudono inesorabili su tutti e due; sono esse ad avere l’ultima parola. L’unico ‘bastian contrario’, come al solito, è Ludovico Ariosto. Certo, il mare del Nord è l’habitat della terribile orca, che però verrà sconfitta da Ruggero e uccisa da Orlando. Soprattutto, però, Ariosto mette in scena l’ippogrifo: in groppa all’animale alato è possibile volare al di sopra di tutte le terre conosciute, come su un aereo, da un oceano all’altro, e ammirare il paesaggio. Tra le mille straordinarie invenzioni dell’Orlando furioso, c’è anche il turismo.
Al mare? Vacci tu!
ESTATE. Per millenni il mare è stato un luogo terribile
AUTORE:
Dario Rivarossa