Salvini. Alla fine c’è il giudizio

Mentre scrivo, non si sa ancora come finirà il processo penale davanti ad un tribunale siciliano, che vede come imputato Matteo Salvini, per gli ordini dati, come ministro dell’Interno, nell’agosto 2019, riguardo allo sbarco di alcune decine di profughi nel porto di Lampedusa. Non saprei azzardare pronostici, e non servirebbe a nulla: decideranno i giudici e poi ci saranno altri gradi di giudizio.

Le questioni sono diverse, e complesse. Il giudizio potrebbe cambiare a seconda di come si interpretano le norme che regolano la materia della immigrazione e quelle sul soccorso in mare; le prime sono nella legislazione nazionale, le seconde sono in convenzioni internazionali che l’Italia ha firmato. Si può discutere se, in caso di apparente contrasto, prevalgano le une o le altre. Ma, supposto che le questioni alle quali ho adesso fatto cenno si risolvano nel senso che Salvini aveva torto e che i naufraghi dovevano essere accolti senza ritardo, resterebbe ancora da giudicare se le decisioni di Salvini, oltre che invalide e annullabili in sede amministrativa, siano altresì punibili in sede penale. Sono due piani di giudizio distinti, ed è giusto che sia così.

Ci sono poi altri piani di giudizio a loro volta distinti: quello dell’eventuale risarcimento dei danni – e si dovrebbe ancora vedere se pagarlo tocchi allo Stato o personalmente al Salvini – e infine il piano del giudizio politico, che è di competenza del Parlamento (e questo si è già pronunciato contro Salvini, ma prima che le Camere venissero rinnovate nel 2022, oggi sarebbe diverso). Ma se, in ipotesi estrema, tutte le questioni elencate si risolvessero nel senso migliore per Salvini, c’è ancora un punto sul quale mi sento di dargli torto, sul piano morale. E’ quando lui si vanta di essere accusato di “avere difeso i sacri confini della Patria”.

Difeso da chi? Da un esercito con carri armati e missili – come quello che il suo amico Putin ha scatenato contro Kiev? Da una multinazionale del terrorismo? No: da un pugno di poveracci privi di tutto, sul punto di morire di fame o annegati, fuggiti da condizioni di vita insopportabili. Erano quelli i “nemici” che Salvini si vanta di avere cercato di ributtare indietro. Capisco che sono solo parole, capisco la retorica politica. Ma un minimo di pudore, di senso del limite, di rispetto della verità, ci vuole anche se si fa un comizio.

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