L’ateneo perugino a metà classifica del Governo

IL PUNTO

L’Università degli studi di Perugia ha appena concluso un periodo di celebrazioni che è durato tre anni nei quali si è ripercorsa la storia dei settecento anni della fondazione dello Studium perusinum, avvenuta ufficialmente con bolla di Papa Clemente V nel 1308. Con varie iniziative, studi, ricerche, pubblicazioni è stato illustrato il lungo percorso storico che ha reso celebre lo Studio universitario perugino, collocato al livello della ristretta cerchia delle più illustri università medievali. Nel periodo attuale, dal dopoguerra in poi, si è rilanciato con nuove facoltà e un grande aumento di corsi e di iscrizioni. Proprio questo aumento, in modo simile a quanto avvenuto dappertutto, ha finito per abbassare il livello di qualità della didattica e di restringere le possibilità della ricerca, per mancanza di risorse. Non si possono fare generalizzazioni, perché rimangono presenti ‘eccellenze’ in certi campi che qui sarebbe difficile illustrare. Ora, a seguito della classificazione degli atenei italiani ‘virtuosi’ o meno, fatta dal Governo secondo criteri di merito, l’Università di Perugia è risultata a metà classifica, con il risultato che riceverà lo 0,56% in meno dei finanziamenti. La cifra negativa è modesta, ma sul piano dei finanziamenti provoca gravissimi danni per la gestione generale dell’ateneo. Le reazioni in Umbria sono state di stupore e di dispetto. I parametri che sono stati considerati per la valutazione, si è detto, non sono collegati né con la ricerca né con la didattica, ma con altri aspetti, quali la collocazione professionale dei laureati, la durata media per conseguire la laurea, il numero dei fuori corso, il numero dei corsi messi in cantiere e il numero degli scritti per corso e altri. Il rettore Francesco Bistoni ed anche il pro rettore Antonio Pieretti nei loro commenti hanno spiegato la loro amarezza, delusione e dissenso. In una battuta, il Rettore ad esempio dice che l’università porta alla laurea, ma non può garantire anche il posto di lavoro. Qualcuno ha anche sospettato che dietro alla classifica vi sia un’influenza politica. Nessuno però ha notato che avrebbe potuto suscitare qualche polemica e malumore l’invito, accolto e onorato, a Fausto Bertinotti di tenere un corso di lezioni alle facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche. Ma, a parte le dietrologie, si deve prendere atto che ormai le università sono in crisi di credibilità, oltre che di efficienza, e che il Paese non deve fare solo le graduatorie, ma dare i mezzi per stare al passo con i tempi e garantire l’efficienza degli atenei con risorse adeguate. Sempre salvando il principio della legittimità dei controlli e della responsabilità sociale dagli attori, compresi gli studenti.