Chissà se oggi l’Apollo 11 sarebbe ancora romantico

Quarant'anni fa l'uomo metteva piede sulla Luna. Fu anche, in gran parte, un trionfo del mezzo televisivo

Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità e’ per la televisione. Quarant’anni fa, nella notte italiana fra il 20 e il 21 luglio 1969, si compiva una delle più grandi imprese mai realizzate: l’allunaggio e la conseguente passeggiata sul suolo del nostro satellite da pare dei tre astronauti americani più famosi. Molto si è detto e altro ancora, probabilmente, si dirà sul significato di quell’evento, frutto di lunghi anni di precedenti tentativi che avevano visto gli Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica sfidarsi senza risparmio pur di conquistare per primi la nuova frontiera. La celebrazione dell’anniversario ha avuto in questi giorni un sapore storico: carta stampata, televisione e internet hanno riproposto tutte le fasi che hanno portato alla storica impronta del piede sulla Luna, attraverso dossier, servizi speciali, approfondimenti, interviste ai protagonisti di allora, retroscena e il ritorno delle già note teorie complottiste, secondo cui sarebbe stato tutto un falso. Tutto interessante, tutto utile, tutto spettacolare; non fa male, in tempi di crisi in cui a volte è più difficile alzare lo sguardo verso il cielo, ricordarsi di un’impresa che in qualche modo ce lo ha reso più vicino e, parallelamente, più affascinante. Ad avvicinare gli abitanti del mondo allo spazio fu soprattutto la televisione. Per questioni di orari e di stampa, i giornali dovettero aspettare il giorno successivo per documentare l’accaduto, con immagini riprese dai fotogrammi televisivi oppure con fotomontaggi, per quanto consentito dalle tecniche iconiche dell’epoca. Il ‘full color’ che oggi riempie di colore tutte le pagine era lontano, ma in fondo quel bianco e nero – nemmeno troppo nitido – delle foto di allora ha contribuito a rafforzare nell’immaginario collettivo il mito che, al di là della certificazione di un progresso tecnologico senza uguali, sarebbe stato da allora in poi fonte inesauribile di metafore sulla condizione umana e sul rapporto fra uomo e universo. Il mezzo televisivo aveva ciò che nessun altro mezzo poteva dare: la diretta. L’idea che, attraverso la tv, gli spettatori potessero condividere le emozioni dei protagonisti incollò al piccolo schermo la grande maggioranza dell’umanità di allora, segnando un’epoca. Chi ebbe occasione di assistere all’evento ricorda ancora dove era e con chi, di fronte al televisore, durante la lunga notte che documentò lo sbarco. Ad accompagnare gli italiani come guida nel tragitto da qui allo spazio fu la voce di Tito Stagno, che a quarant’anni di distanza rivive in questi giorni il suo momento di gloria. Molti ancora oggi ringraziano lui, prima ancora che la televisione, per aver consentito loro di far parte – mediaticamente parlando – dell’impresa e per aver caratterizzato con professionalità e partecipazione la lunga telecronaca. Se lo sbarco sulla Luna fosse avvenuto oggi, probabilmente molti di noi l’avrebbero seguito via internet o addirittura sul proprio telefonino di ultima generazione, per vedere i filmati, sentire le voci, avere la localizzazione satellitare del punto dello sbarco. Anche se reso più spettacolare e interattivo, l’impatto sarebbe stato probabilmente molto minore di quello che, pur con risorse tecniche minori, ha provocato la televisione quarant’anni fa. Oggi siamo troppo abituati alle immagini virtuali per poterci appassionare a quelle vere. E i media sono talmente infarciti di articoli, servizi e trasmissioni su presunti misteri e interrogativi spaziali di dubbia attendibilità da rendere sempre più sottile e permeabile il confine fra realtà e finzione, tra vero e falso.A proposito: ancora oggi c’è chi sostiene che l’impresa di quarant’anni fa sia stata soltanto il frutto di una colossale montatura e che, in realtà, nessun uomo in carne e ossa abbia mai messo il piede sul suolo lunare. In fondo, gli americani avevano tutte le risorse tecnologiche e cinematografiche per allestire un set in cui rappresentare l’impresa come se fosse stata vera. Ma probabilmente avevano anche tutto l’interesse a realizzare sul serio quello che in questi giorni è oggetto di celebrazione globale. Preferiamo credere che quanto ci è stato raccontato sia vero. È tutto troppo affascinante, nonostante gli eventuali lati oscuri (non solo del satellite), per potervi rinunciare nel nostro orizzonte cognitivo personale e sociale. Rivedendo le immagini e riascoltando le telecronache di allora, i più anziani hanno fatto un benefico tuffo nel passato e nella loro gioventù. I più giovani e coloro che ai tempi non erano ancora nati hanno sicuramente vissuto un senso di straniamento di fronte alle immagini in bianco e nero di un’altra epoca, ma certamente hanno conosciuto una genuinità e una ‘veridicità’ (per quanto la tv possa garantirla) probabilmente ignote. E chissà che qualcuno sia stato preso da una sorta di nostalgia per un rapporto con il mezzo televisivo – e con il mondo intero – che oggi non c’è più’

AUTORE: Marco Deriu