Il governo italiano – quali che siano la sua composizione e il suo colore politico – deve affrontare, insieme a mille altri problemi, anche quello dell’immigrazione irregolare. È un problema che dura da più di venti anni, visto che risale al 2002 la legge ricordata con il nome dei politici Bossi e Fini, che si proponeva di tenere lontani dall’Italia i cosiddetti clandestini. Poi sono venute altre leggi, proposte dai vari governi che si sono via via alternati.
La loro efficacia si può desumere da tre eventi tragici, avvenuti tutti fra domenica e lunedì 17. Due di questi sono avvenuti nel Mediterraneo, confermatosi ancora una volta luogo di morte. Al largo di Roccella Jonica, in Calabria, 66 profughi di cui 26 bambini sono morti nel naufragio di una barca a vela partita dalle coste della Turchia; i salvati sono solo 11. Provenivano da paesi asiatici. Al largo di Lampedusa, invece, una barca stracolma e pericolante è stata avvicinata da una nave di soccorso, ma i soccorritori vi hanno trovato, oltre a 54 persone messe in salvo, altri dieci che viaggiavano chiusi nella stiva e vi erano morti soffocati dai gas di scarico dei motori.
Nello stesso giorno, in provincia di Latina, un immigrato indiano che lavorava nei campi (in nero, si capisce) ha perduto un braccio mentre azionava un macchinario per la raccolta del fieno; ma ciò che rende questo episodio vieppiù orribile è che il datore di lavoro, o chi per lui, per non farsi identificare lo ha portato via con un automezzo, lo ha scaricato in fin di vita davanti alla sua abitazione con accanto l’arto amputato e lo ha lasciato lì, senza neanche chiamare i soccorsi. Non possiamo dare la colpa di tutto questo al governo in carica.
Ma non ci si può nascondere che i suoi sforzi vanno tutti nella direzione di rendere difficile o impossibile il soccorso in mare dei profughi, cercando di farli trattenere in centri di raccolta fuori d’Italia. La parola d’ordine è “fermare i trafficanti di esseri umani” e può sembrare un intento virtuoso. Ma una volta fermati i trafficanti (ammesso che ci si riesca) che sorte attende quegli esseri umani? Stare chiusi in un lager in Libia, in Tunisia, in Albania? Essere sfruttati per un salario da fame in un lavoro clandestino ad alto rischio? Pensare ai profughi come “esseri umani”, ma pensarlo seriamente, non sarà certo una soluzione ma almeno un buon punto di partenza.