Il momento emotivamente più coinvolgente e significativamente più profondo dell’incontro di Papa Francesco con il popolo della pace dell’Arena di pace di Verona è stato sicuramente la presenza e l’intervento dell’israeliano Maoz Inon, a cui Hamas ha ammazzato i genitori il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, che ha perso il fratello nell’inferno della guerra.
Non sono tanto le loro parole ad aprire un varco di luce nelle tenebre di quel conflitto, basta la loro sola presenza. La presenza e l’abbraccio che si scambiano tra loro e che regalano al Papa che li stringe a sé. Poi la richiesta di un momento di silenzio da parte di Francesco e un pensiero ai “bambini che nella guerra perdono il sorriso”.
È questa l’icona di una giornata che non può essere archiviata sbrigativamente tra i viaggi del Papa ma che chiede di essere a lungo metabolizzata nella vita delle nostre comunità – ecclesiali e civili – per comprendere che ci vuole più coraggio per costruire la pace che per fare la guerra. Noi siamo chiamati a crederci profondamente e a “seminare la speranza! – dice Papa Francesco – Ognuno cerchi il modo di farlo, sempre. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta ‘inevitabile’”. E cita don Tonino Bello: “In piedi tutti, costruttori di pace!”. E la gente dell’Arena si alza.