L’identità della festa dei Ceri: un grandioso progetto di fede

Le attuali polemiche sul valore cristiano - o meno - della festa non sono nuove. Un significativo intervento del presidente di Maggio eugubino, Lucio Lupini

Consegnata agli archivi l’ennesima edizione della festa dei Ceri, è opportuno richiamare il dibattito sulla natura e significato della manifestazione folkloristico-tradizionale, introdotto in qualche maniera dall’ultimo numero di Via ch’eccoli. Dopo aver ospitato, seppure in pagine diverse, i contributi di don Giuliano Salciarini, cappellano dei Ceri, Carlo Cirotto, presidente nazionale del Meic, e don Angelo Fanucci, torna utile ricordare che analoghe problematiche emersero a margine di una mostra fotografica, con catalogo, e di una tavola rotonda tenutesi nel maggio 2006 presso la ‘Casa di sant’Ubaldo’. In quella il compito di puntualizzare fu affidato a Lucio Lupini, presidente dell’associazione Maggio eugubino, con una relazione concordata e condivisa con l’Università dei Muratori e le famiglie dei Ceraioli. Questi alcuni dei passaggi più significativi della relazione. Dopo un’introduzione generale, Lupini entra nel merito dicendo: ‘Non possiamo non volere (‘), nel momento in cui Gubbio propugna il riconoscimento della festa come patrimonio culturale dell’umanità, che si indaghi su di essa affinché la sua identità diventi riconoscibile, condivisa’. Richiama quindi quanto scritto da don Origene Rogari ne I Ceri (1977), nella parte relativa alle origini della festa, quanto ad una genesi diversa da quella cristiana e patronale: ‘Se un giorno fortunato, un qualunque archivio ci fornisse un piccolo documento, anche di due righe sbiadite, che alludessero ad una festa silvana celebrata nel territorio eugubino anche una sola volta nel plurisecolare e muto periodo, come eugubino e come sacerdote io ne piangerei di commozione e di orgoglio, perché vedrei nei Ceri della mia città la continuità della storia fin dai suoi primordi e in essi un simbolo del superamento del paganesimo antico alla nuova luce del Vangelo’. Lupini, richiamando anche alcune affermazione di Benveduti, nel suo I Ceri di Gubbio e la loro storia (1979), sofferma la sua attenzione sulla ‘parte dinamico-immateriale del rito’ per ‘cogliere e sottolineare un tratto essenziale, che ci auguriamo immodificabile, che è questo: i Ceri mostrano e delineano un insieme denso di fattori tangibili ed intangibili, sacri e profani, diversi ma unici, organici, all’interno di un grandioso progetto di fede, devozione ed amore; una alleanza per salire alla basilica di Sant’Ubaldo che ci piace pensare rimarrà tale anche tra mille o duemila anni’. Quindi la conclusione con alcuni auspici: ‘Vorremmo che si sottolineassero i grandi valori, universali, perenni, della festa che contribuiscono al suo patrimonio complessivo, e ci siamo anche sforzati per evidenziarne alcuni sui quali sarebbe bene ulteriormente indagare: una gara che non scavalca nessuno, una corsa il cui traguardo è un tempio (Origene Rogari), una prova possente ed una espressione di energia che mettono a dura verifica corpo ed anima, dove però tutti sono vincitori e senza ricevere alcun premio (don Angelo); dove la solidarietà è la regola’. Un ‘patto e momento per un fine ed un bene superiore collettivo: sulla porta della basilica finisce l’uomo, che si misura anche con gesti sacrali, e torna il sacro, l’uomo che prega, l’omaggio di fiamma al Santo della riconciliazione’. Un ‘atto di fede e di offerta attraverso il cero portato ai piedi di sant’Ubaldo’, la ‘ rinuncia al personalismo ed al protagonismo’, la ‘solidarietà e la condivisione’. ‘La grande sfida che attende questa generazione ‘ conclude – è ardua e difficile più che nel passato; siamo però convinti che troveremo nei Ceri la forza per trasmettere i Ceri e nell’amore e nella devozione per sant’Ubaldo il cuore e l’anima per tramandarne i valori’.

AUTORE: Giampiero Bedini