La battaglia pseudolegale contro i luoghi di culto

La settimana scorsa abbiamo parlato della scuola lombarda che ha deciso una giornata di chiusura in occasione della principale festività islamica, avendo preso atto che la metà degli studenti avrebbe comunque fatto vacanza. Oggi parliamo di Monfalcone, cittadina in provincia di Gorizia, dove risiedono migliaia di immigrati, in gran parte bengalesi di religione islamica occupati come operai nei cantieri navali.

Da tempo tutti questi immigrati sono alla ricerca di un luogo adatto per tenervi i propri riti di culto, ma sono ostacolati dall’amministrazione comunale, in persona della sindaca che su questo sta costruendo la sua candidatura al Parlamento europeo. Sa benissimo che non può vietare (come vorrebbero i suoi elettori) agli islamici di avere un luogo di culto, ma fa come Bertoldo che, condannato all’impiccagione, aveva chiesto al re il privilegio di scegliere l’albero: appena quelli trovano una sede, gli uffici comunali hanno un pretesto pseudolegale per dire che lì non si può.

A dire che si tratta di pretesti pseudolegali non sono io, ma il Tar di Trieste e il Consiglio di Stato, con decisioni pubblicate in questi giorni, con lodevole celerità. Il Tar di Trieste, con una sentenza del 23 marzo, ha dovuto spiegare che se qualcuno vuole utilizzare un ampio cortile come luogo di preghiera, non ha senso dire che quel piazzale è “inagibile”, perché il concetto di agibilità riguarda solo i fabbricati. Se i musulmani di Monfalcone vogliono invece pregare nella sala riunioni del loro centro culturale, il Comune dice che se una sala è adibita a conferenze non è legittimo utilizzarla per la preghiera comune; ma la causa farà la stessa fine (ciascuno di noi ha assistito a messe celebrate negli ambienti più diversi, senza che a nessuno venisse in mente di dire che fosse illegale).

Si capisce che questi interventi del Comune di Monfalcone non sono dettati da scrupoli legalitari, ma dalla volontà di emarginare e umiliare un gruppo sociale sentito come estraneo. Si può capire che molti cattolici – compreso chi scrive – provino dolore vedendo le antiche chiese delle nostre città finire in abbandono perché mancano i fedeli e i celebranti, mentre una religione in crescita, praticata da stranieri immigrati, cerca i suoi spazi. Ma non basta impedire l’apertura delle moschee perché le chiese abbandonate dopo secoli di vita tornino a riempirsi.

LASCIA UN COMMENTO